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50 anni senza padroni, né padrini


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Quest'anno il Centro Attività Sociali di Inzago raggiunge il mezzo secolo di vita


E' per me un grande onore rendere omaggio a questa scadenza (1971-2021), riferita all'associazione con cui ho trascorso gran parte della mia vita. Ovviamente è anche un motivo di orgoglio, per tutto quello che si è riuscito a fare, per le idee e i progetti che da questo gruppo sono scaturiti in questi decenni, e che hanno fortemente influenzato non solo la nostra esistenza di persone direttamente coinvolte, ma anche un intero territorio, determinandone anche, per alcuni versi, un certo di tipo di evoluzione storica.


A rileggere e ricordare i fatti fin dall'inizio di questa avventura, inimmaginabile allora, balza subito all'occhio l'eccezionalità degli eventi e le circostanze che hanno permesso lo sviluppo successivo: l'associazione nasce su idea di un ristretto gruppo di cattolici in maggioranza tendenzialmente conservatori e già avanti d'età, con qualche giovane promessa della stessa area. Non è tanto questa l'eccezionalità, bensì il fatto che questo mix di storie ed esperienze fosse così straordinariamente illuminato da partorire uno statuto per l'avvenuta costituzione dell'associazione, assolutamente innovativo e lungimirante, statuto che, a parte qualche leggera modifica negli anni, mantiene tuttora una freschezza e una attualità impressionanti. Mi è venuto, pensandoci a volte e facendo le necessarie e ovvie distinzioni, di fare la considerazione che quei soci fondatori fossero un po' come i padri costituenti, trovandosi, probabilmente in maniera inconsapevole, a essere i protagonisti di una svolta storica, premessa di profondi cambiamenti.


Ambiente, diritti civili, salvaguardia del territorio, cultura, lotta alla povertà e all'ingiustizia, valore delle diversità erano e sono gli scopi di fondo, ma anche, a ben leggere tra le righe e chissà anche qui quanto consapevole, già allora c'era una critica alla politica, non nella sua essenza, ma nelle sue declinazioni rigide e ideologiche, quando si cita che “l'associazione non ha fine di lucro, è apartitica e di natura comunitaria”: un'altra illuminazione! Era come rivendicare il fatto che la politica ha diverse forme interpretative, ha bisogno di ricerca continua, di linguaggi sempre in cambiamento. E parliamo dei primi anni settanta del novecento....


Nella sua storia iniziale, con queste premesse, era quasi inevitabile che il CAS diventasse ben presto il luogo in cui il gruppo giovanile dei Soci Costruttori, nato nell'autunno del 1970 dopo una traumatica rottura con gli autoritari vertici della Chiesa locale, avrebbe trovato spazio per la sua evoluzione e per permetterne la completa maturazione. Un gruppo di ragazzi e ragazze, dai 17 ai 24 anni, che impiegava il suo tempo libero in opere di solidarietà e beneficenza, dalla scuola popolare per i figli di immigrati del sud Italia alla raccolta di carta per sostenere progetti, dai campi di lavoro estivi alla dinamica di gruppo come crescita individuale e collettiva, sia umana che affettiva come di coscienza sociale.


Quello che è successo dopo è la storia di questi 50 anni: decine di progetti, eventi, battaglie civili, ma anche storie di persone, tante, che in maniere diverse hanno vissuto un momento più o meno lungo, più o meno coinvolgente o fondamentale per le proprie esistenze.


In questo contesto sono nate molte coppie, molte famiglie, sono nati figli e nipoti, sono cresciute generazioni di individui che hanno respirato un'aria, uno stile, una cultura dei rapporti umani che, oltre agli intensi valori affettivi, anche quando ci sono stati gli inevitabili momenti di crisi e conflittualità, in gran parte si è nutrita di trasparenza più che sotterfugio, di rabbia piuttosto che rancore, di rotture piuttosto che accomodamenti.


Questi 50 anni hanno prodotto esperienze sociali importantissime che, pur finite in gran parte, hanno lasciato il segno: solo nel primo decennio quel gruppo di giovani, messosi da parte prestissimo il gruppo fondatore, ha lanciato un giornale locale di informazione e cultura, ha aperto una casa vacanze, ha creato un gruppo teatrale, ha prodotto spettacoli e eventi culturali, ha promosso uno spazio sociale con annesso bar, ha elaborato progetti di solidarietà internazionale, ha sviluppato lotte e denunce nel campo ambientale, ha proposto momenti in difesa della pace contro la corsa agli armamenti, ha sperimentato forme di presenza a livello istituzionale, ha collaborato con interventi nelle scuole, nelle realtà giovanili, battagliando contro le droghe, la depressione, lo scoraggiamento, ha favorito la nascita di realtà cooperative di lavoro, ha difeso strenuamente e gelosamente la propria autonomia e indipendenza, consapevole del valore assoluto e non negoziabile della libertà, fosse pure quella di sbagliare.


Molte di queste esperienze sono finite nel tempo, alcune per stanchezza, altre per errori, altre ancora per mancanza di forze fresche di ricambio, altre pure proprio per mancanza di forza fisica, salute, nervi. Ma non sono finite così presto, ed ecco qui un altro fattore di eccezionalità: il giornale Demos è durato 36 anni (1974-2010), la casa vacanze di Obra 25 anni (1974-1999), il Centro Solidarietà Internazionale e Legambiente più di 20 anni, la Festa della Magnolia dura tuttora dal 1989...... solo per citarne alcune, e tutte con il fondamentale elemento del volontariato come supporto determinante per la loro riuscita, oltre ovviamente alle figure professionali necessarie, come una cuoca per la casa vacanze o un service per i concerti, ma sempre in un'ottica di autogestione, come controllo e caratteristica peculiare di un progetto.


Naturalmente, rispetto all'inizio, moltissime cose sono cambiate, quasi tutto è diverso, il lavoro, i rapporti sociali, le forme comunicative, le priorità, le problematiche, il linguaggio, le esigenze e le aspettative, e tutti questi anni hanno prodotto cambiamenti in ognuno di noi, hanno comportato scelte di vita, assunzione di responsabilità, crisi e sconfitte cocenti, in alcuni anche abbandono o raffreddamento delle idealità, delle passioni e delle speranze. Ed essendo il Centro Attività Sociali un gruppo prima di tutto fatto da persone, in tutti questi anni è stato specchio fedele di chi lo ha vissuto e sofferto, nei suoi momenti alti come di quelli più cupi o meno significativi, essendo sempre stato di chi lo sosteneva e mai assoldato a qualche scorciatoia di tipo politico o economico, ha sempre mostrato impudicamente la sua nudità, la sua dimensione vera e sincera.


Eppure dopo 50 anni siamo qui ancora a parlarne al presente, ricordando e giustamente celebrando anche un po' le glorie, ma soprattutto per domandarci perchè questa realtà, nonostante tutto, è ancora viva, certo con i segni del tempo, anche qualche ammacco, ma certamente viva, in movimento, presente al mondo anche nei suoi momenti storici più difficili, non foss'altro con una sola idea o una sola proposta, magari con quella buona dose di coraggio nel ricercare qualcosa di nuovo che ne ha sempre contraddistinto la pratica.


Personalmente credo che la sua anima anarco-libertaria, la scelta di essere prima un gruppo che un'associazione, il privilegiare le vite di chi lo compone prima che le opere da fare, ne fanno tuttora una proposta credibile, umana, libera di sperimentare la ricerca, di discutere, di sbagliare, di fare sberleffo ai potenti, senza sentirsi portatori di verità assolute e indiscutibili.


Per queste ragioni credo che il Cas possa essere ancora una speranza e un'occasione per le nuove generazioni, come un gancio a cui aggrapparsi per non cadere nel vuoto, come un contesto dove si può decidere di cambiare e crescere, plasmandolo secondo le proprie esigenze e desideri, non dimenticando mai di essere pensanti, e mi sembra di buon augurio potere scrivere questi concetti sul presente blog, sviluppo recente di un'esperienza nata nella nostra associazione, come un filo rosso che parte dai ragazzi di tanto tempo fa che raccoglievano la carta a quelli che oggi provano ad “accorciare le distanze”.



Autore: Carlo Calvi (presidente del CAS)

 
 
 

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