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Arte, artigianato e bellezza


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L’esperienza del Teatro dell’Albero da Milano a Inzago e viceversa


Tra le tante eccellenze che hanno contraddistinto il nostro Bel paese nel corso dei secoli possiamo annoverare, senza ombra di dubbio, gli artigiani -maestri nella lavorazione del legno, della pietra, del vetro, del ferro, del cuoio e via dicendo- esperti nel donare un corpo nuovo alla materia. Nelle loro mani è racchiuso il segreto del mestiere, tramandato dai più anziani ai più giovani all’interno delle botteghe, luoghi in cui il sapere passa attraverso il fare. Un prodotto realizzato artigianalmente è unico e irripetibile; ogni dettaglio, anche il più piccolo, è prova della sua unicità. Questo atto creativo non si “limita” alla realizzazione di un manufatto utile, capace di rispondere a pieno titolo alla funzione per cui è stato prodotto. Nella maestria di un bravo artigiano si cela anche, o per meglio dire soprattutto, il desiderio di andare oltre la semplice utilità. La costante ricerca del bello, affiancata alla funzionalità, ha portato nel corso dei secoli alla realizzazione di prodotti (da intendere nel senso più esteso del termine) che nel gergo comune vengono definiti: «a regola d’arte». La parola “artigiano” contiene in sé “arte”, così come la parola “artista”, e l’arte, etimologicamente parlando, ha a che vedere con il mettersi in moto verso qualcosa. Potremmo dire che artista e artigiano sono animati dal medesimo sentire, dalla medesima inquietudine che spinge un po' oltre l’abilità tecnica del saper fare. Non a caso, compiendo un piccolo salto nella mitologia greca, il dio Efesto, il fabbro per eccellenza, la cui forza risiede nelle mani indurite dall’incessante lavoro all’interno della sua fucina, ottiene in sposa Afrodite, dea della bellezza. È proprio a partire da questa dimensione prettamente artigianale che vorremmo parlare del lavoro del Teatro dell’Albero.


La relazione tra arte teatrale e artigianalità può essere declinata secondo diversi aspetti e tra questi di primaria importanza è il rapporto con il tempo. L’approccio artigianale suggerisce una danza paziente con e non contro di esso. In questa danza il tempo diventa il partner, il compagno di lavoro e non il nemico da combattere. Cosa significa questo tradotto in termini teatrali? Se intendiamo per “prodotto” lo spettacolo teatrale questo vuol dire che esso dovrà attraversare i diversi stadi della creazione, dall’ideazione, alle prove fino al raggiungimento della forma finale e che compirà questo percorso con i tempi che un approccio artigianale richiede. Lo spettacolo a sua volta è agito dagli attori. Un attore altro non è che il proprio corpo-voce, uno strumento che necessita di una pratica costante, di una paziente danza con il tempo, per raggiungere un certo grado di duttilità e malleabilità. È un lavoro che l’attore deve iscrivere nel proprio corpo perché il proprio corpo è l’oggetto da modellare, aspirando alla precisione di un artigiano che incide il legno e lascia che tra le sue mani prenda forma la creazione.


Questi sono i principi che quotidianamente animano il lavoro del Teatro dell’Albero, compagnia fondata ventuno anni fa, a Milano, da Mario Barzaghi e da Rosalba Genovese, alla quale si aggiunge, nel 2013, Maria Rita Simone, Dottore di ricerca in Letteratura e Filologia-Discipline dello Spettacolo, attrice e drammaturga. Una realtà piccola, numericamente parlando, che fa del margine il proprio centro, ma che da sempre lavora creando ponti e connessioni con realtà altre, diverse da sé, nell’assoluta convinzione che dallo scambio, dalla condivisione dei saperi, dal nutrimento reciproco, possa scaturire una crescita umana ancor prima che artistica. È proprio per questo che sin dalla sua origine l’obiettivo del Teatro dell’Albero è l’approfondimento dell’arte dell’attore tra oriente e occidente, attraverso proposte pedagogiche e artistiche legate alla transculturalità e allo studio del comportamento scenico nelle diverse culture teatrali, con particolare attenzione all’oriente e al teatro danza classico indiano in stile Kathakali, praticato da Mario Barzaghi.


Mario entra in contatto con questa disciplina artistica grazie al Teatro Tascabile di Bergamo diretto da Renzo Vescovi. Nei quindici anni di lavoro presso la compagnia diventa allievo del Maestro Kalamandalam K. M. John. Questo incontro permette a lui di approfondire la sua formazione anche in Kerala (India). “Kathakali” significa letteralmente raccontare storie ed è la più conosciuta tra le forme di Teatro danza classico sacro indiano. È un’opera totale, connubio di danza, musica, canto, testo, trucco, costume (da intendersi come scenografia in movimento). Ciò che una forma codificata come il Kathakali insegna all’attore occidentale è la dedizione assoluta al lavoro, il confidare nella pratica, la possibilità di iscrivere il gesto nel proprio corpo (scolpirlo con la minuziosa precisione di un artigiano), la capacità di sviluppare una coscienza del corpo nella sua interezza e complessità prestando attenzione anche a quei piccoli muscoli che spesso nella vita quotidiana muoviamo senza rendercene conto, ma dei quali non abbiamo controllo.


Accanto alla danza indiana il Teatro dell’Albero avvia, sin dalla sua fondazione, un cammino di ricerca attraverso gli insegnamenti e le pratiche dei Maestri riformatori del Novecento, prestando anche attenzione alla straordinaria maestria dei grandi attori italiani del secolo scorso, tra cui in primis Eduardo de Filippo. Incrociando saperi e conoscenze in bilico tra oriente e occidente, il Teatro dell’Albero sviluppa una propria personale ricerca rintracciando nel lavoro ritmico, nella scomposizione e nella dissociazione (da intendersi come lavoro che mette a fuoco singole sezioni del corpo) il minimo comun denominatore di tutte le pratiche apprese. Il cammino tra oriente e occidente non permette solo di allargare gli orizzonti della pratica e di sperimentare all’interno di un processo artigianale, consente anche di avere uno sguardo sempre proiettato verso l’altro, nell’ottica di uno scambio reciproco.


Con tale spirito collaborativo il Teatro dell’Albero accoglie nel 2018 la proposta del C.A.S. (Centro Attività Sociali, associazione inzaghese), diretta da Carlo Calvi, relativa alla realizzazione di un intervento performativo sul tema dell’emigrazione. La cooperazione con questa realtà è di lunga data e riguarda, in particolare, gli eventi relativi al preludio della Festa della Magnolia di Inzago (nata nel 1989), momento festivo comunitario legato all’incontro tra culture diverse, all’approfondimento della storia, delle tradizioni, degli usi e dei costumi attraverso il linguaggio dell’arte nelle sue diverse declinazioni.


Il legame artistico con Inzago riporta la nostra storia indietro nel tempo, agli anni Settanta, periodo in cui nasce il Teater Set, un teatro di base, ovvero una forma di teatro politico fortemente radicato nel territorio, nel quale sia Mario (cofondatore della compagnia insieme ad un gruppo di giovani) che Rosalba compiono le prime sperimentazioni a livello teatrale. Anche dopo lo scioglimento della compagnia Teater Set, il bisogno di promuovere arte e cultura rimane inalterato e trova la possibilità di esprimersi in altre esperienze radicate nel territorio, tra cui la Festa della Magnolia.


L’evento creato per l’edizione 2018, dal titolo Accorciamo le distanze, è frutto di quasi un anno di lavoro con la comunità inzaghese e soprattutto con il gruppo di giovani promotori dell’iniziativa. Da questi ultimi si è sviluppato all’interno dell’associazione il progetto Accorciamo le distanze, da cui ci siamo appunto ispirati per il nome dello spettacolo. Il Teatro dell’Albero e il C.A.S., gli attori e i volontari, continuano a entrare in comunicazione tra loro e con gli altri, anche nel susseguirsi delle generazioni: una collaborazione, anzi, dotata ora di nuova linfa e di imperitura fioritura.


Lo spettacolo Accorciamo le distanze nasce nel pieno della bufera propagandistica anti-immigrati. L’approccio scelto, per affrontare una tematica così drammaticamente attuale, potremmo definirlo rovesciato, non polemico, ma poetico, teso a mettere al centro la persona, l’essere umano. La poesia con il suo linguaggio universale non ha scopo persuasivo, parla al cuore ancor prima che all’intelletto.


La drammaturgia ripercorre ritualmente le fasi del viaggio, dalla partenza allo sbarco dei migranti. La performance ha luogo presso il lavatoio di Piazzetta Marietti a Inzago, lungo il corso del Naviglio Martesana, alla presenza di un pubblico numeroso, testimone del viaggio. Non esiste una “quarta parete” che separa l'attore dallo spettatore, non ci sono palchi e platee. Si è tutti allo stesso livello per raccontare una storia antica quanto l'uomo e drammaticamente attuale.


Questa esperienza ha lasciato in noi un segno, perché è nata all’insegna della semplicità, della disponibilità, ha coinvolto numerosi membri della comunità, soprattutto giovani, che a vario titolo si sono spesi per la realizzazione dell’evento, ed è stata un’ulteriore occasione di riflessione del nostro lavoro di artigianato teatrale. L’incontro con l’umanità è un incontro all’insegna della bellezza.


Autore: Teatro Dell'Albero

 
 
 

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