Dal divorzio alle Legge Zan: 40 anni per essere civili
- Accorciamo le distanze

- 30 dic 2020
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Una breve panoramica dell'anno in cui è stata approvata la legge sul divorzio e di oggi, all'alba della Legge Zan.
Quando l’1 dicembre 1970 entrò in vigore la legge sul divorzio, non si sapeva la portata del cambiamento epocale a cui si stava assistendo, nè la potenza trainante verso altre conquiste civili.
Erano anni di blocchi contrapposti, dei grembiulini a scuola tanto odiati, dello statuto dei lavoratori finalmente approvato, del golpe Borghese, dello scioglimento dei Beatles, della marcia pacifista dei centomila contro la guerra in Vietnam, il festival all'isola di Wight, della morte di Janis Joplin e Jimi Hendrix. L'anno dello scudetto al Cagliari di Gigi Riva, di Italia-Germania 4-3 davanti al televisore in bianco e nero.
Anno ricco, variegato e stimolante, ma anche cupo; anno che portò alla disgregazione del conformismo delle apparenze, che scardinò obsoleti privilegi patriarcali e permise l'accesso a nuovi diritti civili, accompagnando così la società italiana verso una nuova era, dopo un'esistenza fatta di chiaroscuri medioevali.
Quel primo Dicembre fu l'inizio di un processo che ci ha reso più liberi, moderni e laici. Per la prima volta l’amore conquistava le piazze e fu sancito il diritto di scegliere: sulla propria vita, sui sentimenti, sui legami affettivi. Un cambiamento dei rapporti tra i sessi che vive, ancora oggi, nelle nostre quotidianità di famiglie ricomposte, affidi condivisi, relazioni non convenzionali e unioni omosessuali. Una mutazione del nostro vivere insieme.
Ed eccoci qui, a distanza di 40 anni e dopo il riconoscimento delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, alla Legge Zan contro l'omotransfobia; un altro varco nel muro del conformismo, necessario a quel cambiamento culturale utile all'Italia per definirsi finalmente paese civile e togliersi la maglia nera di nazione con meno tutele per le diversità.
Una picconata forte ai quei mattoni che vedono l'eterosessualità come unico valore e fanno degli italiani il popolo con meno accettazione per le diversità in ambito sessuale.
Da un'indagine condotta in Italia da Amnesty International con l’istituto Doxa è emerso che il 55,9% degli italiani intervistati è d’accordo con l’affermazione: "Se gli omosessuali fossero più discreti sarebbero meglio accettati"; il 29,7% invece crede che "La cosa migliore per un omosessuale è non dire agli altri di esserlo". Direi che la Legge Zan arriva al momento giusto!!!
Il testo, già licenziato alla Camera e che aspetta la votazione in Senato, prevede di estendere la Legge Reale-Mancino dall’ambito del razzismo a quello dell’omotransfobia, per punire chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione o di violenza per motivi "fondati sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale, sull'identità di genere o sulla disabilità"
L’Italia decide, tramite legge, di rafforzare la cultura dell’eguaglianza e del rispetto per l’altro e punire l’odio e la violenza, ma anche di promuovere concrete azioni sul piano culturale e di sostenere le vittime, agendo considerevolmente sul mondo dell’educazione, dell’istruzione, del lavoro e della comunicazione dei media. Decide di esser garanzia ed aiuto: per giovani ed adolescenti, che troppo spesso si sentono sbagliati e umiliati per il loro essere semplicemente se stessi; per chi al lavoro si nasconde, per paura di mobbing o altre forme di discriminazione.
Prevenire, contrastare, sostenere: tre verbi che, se attuati, scardinerebbero quelle visioni bigotte, così radicate nella società italiana, come un uragano estivo. Essi spazzerebbero via chi afferma che tale legge limiterebbe “il diritto di espressione” (certo, in sostanza, vorrebbero essere liberi di gridare “frocio di merda” al primo omosessuale per strada, oppure dare dell’handicappato come offesa poiché lo ritengono un indice di libertà), o chi, come il parroco di Lizzano, organizza veglie di preghiera perché, a suo dire, sarebbe un’insidia che minaccia la famiglia. Pregassero, come invita la sindaca di Lizzano, contro i femminicidi, le violenze domestiche, le spose bambine; celebrassero una messa in suffragio per le anime dei disperati che giacciono in fondo al Mediterraneo, o per le tante vittime innocenti di abusi!
Non è un capriccio questo; si chiama giustizia sociale e desiderare che nessuno, come ci ricorda il Presidente Mattarella citando la Costituzione, violi il principio di eguaglianza e leda i diritti umani necessari a un pieno sviluppo della personalità umana.
Una modernizzazione culturale del Paese può solo portare beneficio alla democrazia, perché quando crescono i diritti, avanziamo tutti noi e avanza la libertà di scegliere la propria vita.
Autore: Angela Valtorta


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