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Dioniso va ai rave


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La figura di Dioniso e le insospettabili somiglianze tra i baccanali e gli eventi techno.


La figura di Dioniso è sempre risultata intrigante per l'uomo; detiene tuttora un ruolo di interesse nell'arte, nella psicologia e in numerosi altri ambiti. Al di là dell'ormai nota e comune passione per il periodo classico, questo dio greco suscita un fascino tutto suo. Tralasciando le identificazioni dei primordi, dall'epoca arcaica Dioniso è la divinità del vino, dell'ebrezza, dell'estasi, della danza sfrenata e del teatro. Tutto ciò è accomunato, per un verso o per un altro, da una perdita di controllo della persona, come se nei suddetti frangenti non si fosse completamente in sé. Non è un caso che Dioniso sia stato spesso allontanato dagli antichi, i quali lo concepivano come uno straniero della Tracia: un dio altro, capace addirittura di comportamenti barbarici. Nell'ottica greca infatti un atto fuori dalla misura e dal controllo non era appropriato né affine all'idea di giusta condotta; tutto quello che non si confaceva a pieno alla concezione ellenica, era visto come esterno. Ciò nonostante lo stesso popolo ha inventato il concetto di catarsi: la liberazione, anche intesa come rito religioso, di esperienze negative (quali traumi, conflitti, eccessi di ogni genere), facendole affiorare dall'inconscio e vivendole attraverso una situazione-surrogato. Tale concezione era propria di molti ambiti competenti a Dioniso: il teatro, l'ebrezza, l'estasi.


Ci troviamo insomma di fronte a un dio pieno di contraddizioni, di dicotomie. In questa chiave Blanco, uno psicoanalista cileno del XX secolo, ha associato il dionisiaco al concetto freudiano di psiche: vedeva ambedue come sistemi asimmetrici, dove gli elementi, di solito divisi nel conscio, si uniscono nell'inconscio. Le barriere e i limiti sono da lui visti quindi come imposizioni, che siano esse di tipo sociale, culturale o psicologico, ma di sicuro non sono innate. Dopo aver tolto quelle, rimane l'insieme di tutte le cose, simili e dissimili. Dioniso a sua volta incarna nella sua figura la complementarietà: egli è considerato greco e straniero, come già detto, ma non è l'unica dicotomia. Egli è il dio del travestimento, quindi spesso nella letteratura, nell'arte e nel mito risulta di sesso ambiguo; è quindi visto sia maschio, sia femmina. Allo stesso modo è concepito sia giovane, sia vecchio. Dioniso è un corpo e una mente, ha tratti animaleschi e umani: si oscilla sempre tra la visione di lui come istigatore di reconditi istinti, repressi e ripudiati dagli uomini nei secoli in nome della civiltà, e il suo ruolo all'interno della società, consono e in un certo senso salvifico per il nostro spirito ambivalente.


Proprio per la natura dualistica, alcuni studiosi hanno di recente paragonato il mondo dionisiaco a quello della musica techno. Il riferimento si fonda sulla cosiddetta rave culture, un fenomeno tipico soprattutto degli anni '80 e '90, quando il genere musicale è nato. Si tratta di eventi alternativi di musica: incontri illegali in posti isolati, dove in genere gli intervenuti erano storditi dai balli frenetici e dagli stupefacenti. Tali pratiche sono sorprendentemente simili ai riti delle baccanti. Quest'ultime erano figure dionisiache, donne che si abbandonavano all'estasi e alla danza, ritornando a uno stadio umano più selvaggio.


Entrando più nello specifico, ravers e baccanti si accomunano per la ritualizzazione delle loro pratiche: cos'è in fondo un rito, inteso in senso antropologico, se non un momento periodico in cui ci si distacca dalla normalità? In cui ciclicamente si fa qualcosa di altro rispetto al solito? La chiave del rituale consiste proprio nella cadenzialità e nell'uscita dalla routine della vita.

Al fine di raggiungere un'altra dimensione, essi ricercano l'estraniamento e lo ottengono tramite diversi espedienti. Innanzitutto percorrono la strada dell'estasi, dell'euforia talmente eccessiva da valicare i limiti personali e da confondersi in quelli altrui: si arriva alla perdita momentanea di sé. Tale effetto dissociativo è causato da fattori come la musica dal ritmo cadenzato e gli stupefacenti, specie quelli contenenti xerotonina, una sostanza che provoca la sensazione di appartenere a qualcosa di più grande di se stessi.


In simili circostanze assume nuova importanza la corporeità: l'unica sicurezza arriva dai sensi e non dai pensieri. Il movimento e la danza portano a una maggior percezione del corpo, così bistrattata e secondaria nel quotidiano. Secondo il critico letterario Gumbrecht, questo meccanismo esprimerebbe una volontà di presenza. Suddetta teoria sarebbe un'aperta contestazione al paradigma moderno sull'uomo, sintetizzato da Cartesio: “la mente è superiore al corpo”. Gumbrecht invece sostiene che proprio il corpo deve essere riscoperto e utilizzato per percepire e di rimando vivere un'esperienza conoscitiva profonda. Ciò è possibile solo in frangenti che alterano il predominio della mente, come i rave e i baccanali.

La perdita di coscienza di sé si esplica anche nel far venir meno tutti i parametri su cui basiamo la nostra identità: oltre al già citato annebbiamento mentale, ravers e baccanti usano travestirsi. In questi rituali i partecipanti non si riconoscono neanche allo specchio: aspetto e atteggiamento sono alterati, proprio per sentirsi qualcun altro o qualcos'altro.

In aggiunta si nota una certa fluidità sessuale; essa va letta sia in termini di crollo delle inibizioni, sia perché i contorni netti dell'identità personale non esistono più.

L'alterità e la dissociazione si percepiscono ulteriormente se si considera che la ripetitività di queste pratiche porta alla poca consapevolezza del tempo che passa. Il giorno e la notte si susseguono senza che il partecipante se ne renda conto, situazione avvalorata dall'isolamento dei luoghi degli eventi. Nel caso delle baccanti, esse si recavano sui monti, dove era possibile ritrovare un legame con la natura e gli istinti animali. I rave party invece si svolgono in spazi extraurbani, soprattutto zone industriali. Tutti gli spazi citati sono fuori dalla dinamica cittadina, per cui si perde la percezione della vita che scorre. In molti casi non si sa neanche esattamente dove ci si trovi.


Questi sono solo pochi collegamenti tra Dioniso e la musica techno, ma probabilmente altri appariranno nei prossimi anni. Sembra comunque assodato nell'ambiente accademico che baccanti e ravers condividano molto. Alcuni studiosi, come Mazzoni, giustificano il fatto sostenendo che l'asse tra cultura alta e bassa sia ormai inclinato: non esisterebbe più pertanto la pretenziosa distinzione tra l'arte nobile e quella popolare; tutto potrebbe essere messo a confronto con qualcos'altro. Il critico letterario Orlando invece concepisce l'esistenza del binomio Dioniso-techno come il ritorno del represso. Riprendendo il concetto greco di catarsi, l'uomo avrebbe bisogno di liberare le proprie repressioni periodicamente, altrimenti rischierebbe di crollare.


Personalmente, quando ho letto della ricerca, sono rimasta sorpresa. Ho sempre pensato che fossero ambiti talmente lontani tra loro, che non credo di averli mai neanche nominati nella stessa frase. Finora. Se devo essere sincera e con tutta l'umiltà di cui sono capace, non ho cieca fede in questa teoria. A volte penso che gli studiosi si impegnino troppo nel vedere collegamenti che non ci sono; si affatichino per trovare somiglianze, per gloria personale o forse, molto più spesso, perché è nella natura umana cercare di far quadrare tutto. È un nostro grande difetto ricercare la perfezione. Qual è la causa di tanto sforzo? Secondo me la ragione è che siamo tutti dei maniaci del controllo: vogliamo monitorare, prevedere, andare sul sicuro. Vedere il mondo come qualcosa di perfetto, ci consente di farlo. Credo che ognuno debba ammettere quanto sia soddisfacente sapere che una cosa non ci darà sorprese. La paura per l'imprevedibile e per l'incontrollabile ben si confarebbe a fenomeni come i baccanali e i rave party, già sfuggevoli per natura. Cercare di vederci un parallelismo e quindi poterli conoscere appieno porterebbe ad avere una forma di controllo su di essi. Per me è una tendenza umana, un nostro bisogno.


Devo ammettere però che c'è più di questo da dire. Penso che l'uomo abbia dopotutto bisogno di esperienze catartiche. Tutti abbiamo provato la sensazione di non riuscire a contenersi nella propria pelle, come se per la maggior parte del tempo fossimo costretti in uno spazio ristretto. In alcuni brevi momenti ci rendiamo conto che c'è tutto un mondo misterioso dentro di noi, condannato a vivere nel buio. Occasionalmente però emerge e deve farlo, poiché nessuno può vivere a metà. Noi siamo anche quella parte latente: come Dioniso abbiamo innumerevoli sfaccettature e innate contraddizioni. Il nostro io celato ha comunque bisogno di rivalsa, la pretende; e noi non possiamo negare noi stessi. Ecco allora che ci creiamo delle circostanze per liberarci. Alla fine baccanali e rave non sono forse questo? Il medesimo identico e secolare tentativo dell'uomo di sentirsi completamente libero, anche da se stesso?

Autore: Bianca Maria Calvi



 
 
 

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