Donne di Scienza
- Accorciamo le distanze

- 24 giu 2020
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Combattere gli stereotipi di genere con la scienza
Per molto tempo la figura della donna è rimasta in secondo piano; non le veniva concessa un’istruzione e di conseguenza la possibilità di esercitare una professione e ambire a una propria indipendenza. Fin dall’antichità era convinzione comune che la donna non possedesse le stesse capacità dell’uomo: Aristotele sosteneva, per via delle forme fisiche più minute, che fosse un “uomo mutilato” perciò non in grado di apprendere la cultura. In epoche successive, quando alle donne più benestanti venne concesso di istruirsi, le materie a loro impartite erano perlopiù di stampo umanistico; considerate più adatte alla sfera emotiva femminile: esse esaltavano e promuovevano la bellezza della natura piuttosto che il suo dominio, prerogativa della scienza. La donna quindi non era sicuramente considerata adatta ad accedere ai livelli di istruzione più elevati e men che meno a trattare di scienza.
Tuttavia in Egitto, nella cui società la donna aveva ricoperto ruoli di elevata importanza (si pensi a Cleopatra!) si raccolgono le prime testimonianze di donne che fin dai tempi più antichi ebbero il coraggio e il privilegio di apprendere la scienza: un esempio fu Maria l’ebrea. Vissuta presumibilmente tra il I-III secolo d.C., fu un’alchimista, a cui si attribuisce l’invenzione del bagnomaria e altre apparecchiature per la distillazione e la sublimazione. A poca distanza temporale, Ipazia d’Alessandria, figlia del matematico e astronomo Teone, fu un altro personaggio femminile dedito alla scienza: ereditò le conoscenze del padre e divenne a sua volta maestra e filosofa.
Nell’età medievale, con l’avvento del Cristianesimo, i monasteri furono i grandi detentori della cultura e molte donne vennero educate proprio in questo contesto. A questi luoghi si deve anche la nascita della medicina monastica, spesso praticata anche dalle monache: proprio in questo campo si riscontra la maggior parte delle testimonianze delle donne-scienziate di quest’epoca.
Avvicinandosi all’età contemporanea, cresce il numero di informazioni disponibili che attestino l’operato di donne in ambito scientifico. Marie-Anne Paulze Lavoisier, vissuta a cavallo del XVIII-XIX secolo, fu la moglie del celebre chimico Antoine Lavoisier, noto per la legge di conservazione della massa. Questa donna fu fondamentale per l’opera del marito: si istruì nelle scienze chimiche e tradusse in francese molti trattati di scienziati stranieri, contribuendo alla stesura degli elaborati dello stesso Lavoisier. Un caso simile di collaborazione tra coniugi si riscontra un secolo dopo nel lavoro di Marie Curie e suo marito Pierre Curie, entrambi vincitori di un premio Nobel per i loro studi sulle radiazioni. Tuttavia Marie non fu solo il braccio destro del marito ma una vera e propria protagonista: si laureò in fisica e matematica alla Sorbona e nel 1911 vinse il suo secondo Nobel per la scoperta dei due elementi chimici (il radio e il polonio).
È interessante notare come nei due casi appena citati e nell’esempio di Ipazia, le figure maschili dei coniugi o del padre sono state in grado di riconoscere, contro ogni pregiudizio, il talento delle donne che avevano accanto, favorendo la loro crescita intellettuale e collaborativa. Non uguale fortuna ebbero alcune scienziate dopo di loro: Rita Levi Montalcini venne fortemente osteggiata dal padre durante i suoi studi universitari in medicina. Riuscì comunque a laurearsi con il massimo dei voti e vinse un premio Nobel per la scoperta del fattore di crescita neuronale. La celebre biochimica inglese Rosalind Franklin fu invece privata di qualsiasi riconoscimento per la scoperta della struttura del DNA, avvenuta anche grazie alle immagini da lei fornite tramite analisi a raggi X.
Questi esempi e quelli di moltissime altre scienziate nella storia, dimostrano che al contrario delle antiche convinzioni, le donne possono apprendere, capire ed esercitare la scienza, contribuendo al suo accrescimento e alla sua applicazione. A oggi sempre più ragazze si iscrivono a facoltà scientifiche e intraprendono una carriera nel campo; tuttavia la percentuale di donne che ricoprono posizioni di responsabilità in ambito scientifico stenta ancora a crescere. Per questo motivo, dal 2015 è stata istituita la giornata dell’11 Febbraio come “Giornata internazionale delle donne nella scienza”. L’iniziativa è stata promossa dalle Nazioni Unite e patrocinata dall’Unesco, con lo scopo di combattere gli stereotipi di genere e promuovere la piena ed equa partecipazione delle donne nelle scienze. Almeno per il mondo scientifico, si intravede quindi un futuro più “roseo”, dove anche le donne abbiano pari opportunità di affermarsi in quanto:
“Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di dimostrare nulla, se non la loro intelligenza" - Rita Levi Montalcini
Donne di oggi. Chi è Ilaria Capua?

Ilaria Capua è una celebre virologa, laureata in medicina veterinaria. Nell’ultimo periodo l’abbiamo vista spesso comparire in notiziari e dirette streaming per commentare i dati relativi all’epidemia da Coronavirus. Durante la sua carriera è sempre stata una ricercatrice e ha lavorato per quasi trent’anni negli istituti zooprofilattici italiani. Le sue ricerche si sono focalizzate sullo studio delle malattie trasmissibili dagli animali all’uomo e in particolar modo i virus influenzali. Nel 2005 le è stato affidato il coordinamento dell’OFFLU, una rete di laboratori che studiano i virus influenzali degli animali. L’anno successivo, dopo aver caratterizzato H5N1, il ceppo africano del virus dell’aviaria, ha deciso di condividere le informazioni su una banca dati accessibile a tutti i laboratori, per favorire una ricerca comunitaria e collaborativa. Questo gesto l’ha resa particolarmente famosa e molti altri hanno seguito il suo esempio. Dal 2013 al 2016 è stata anche eletta deputato con Scelta Civica, carica da cui si è dimessa a seguito di una vicenda giudiziaria. Attualmente dirige un centro di ricerca di eccellenza presso l’Università della Florida.
Autore: Elisa Fusi


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