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Donne nell'antichità


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Le donne di oggi e quelle di ieri sono così distanti tra loro?


La condizione femminile ha subìto un'evoluzione nel corso del tempo. È risaputo che la donna non godeva né di grande considerazione né di altrettanta libertà nell'antichità, ma la conoscenza della sua vita non viene comunemente approfondita. In questo articolo ho perciò deciso di trattare in modo più specifico la questione, esaminando tre civiltà antiche: i Greci, i Romani e gli Etruschi.


Grecia. Nella maggior parte del continente greco la condizione femminile è annoverabile a quella di Atene nel V secolo a.C. Si tratta di una società di fatto maschilista, anche se nel 451 a.C. Pericle aveva stipulato una nuova legge sulla cittadinanza: se i genitori erano cittadini, una persona, quindi anche una donna, lo era in automatico. Una ateniese perciò all'inizio del V secolo a.C. era una cittadina, ma ciò non vuol dire che non fosse reputata un essere inferiore: non in grado di intendere e di volere, quindi non autonoma. Nei testi giuridici pervenutici, abbiamo scoperto che addirittura la donna ateniese era ritenuta incapace nell'ambito della sfera emotiva, quasi non riuscisse a provare sentimenti complessi. Al fine di chiarire meglio il punto, pongo a esempio l’orazione “Per l’uccisione di Eratostene”. Scritta da Lisia alla fine del V secolo a.C., tratta di un processo di omicidio per adulterio: il marito ha ucciso l’amante, scoperto in flagrante. Lisia pone come argomento a difesa del marito il suo diritto a vendicarsi sull’amante della moglie poiché la colpa è tutta sua: la donna non viene ritenuta in grado di tradire e mentire, come se non avesse una volontà propria. La mancata autonomia pervade quindi ogni ambito della realtà femminile, tant’è che la donna era sotto la tutela di un uomo per tutta la vita. La sudditanza a un maschio aveva portato al confinamento del genere femminile entro le mura domestiche. La donna raramente poteva uscire e solo secondo precise condizioni: durante occasioni speciali (in genere feste religiose) e solo se accompagnata. Si parla di una manciata di giorni all'anno. Per il resto del tempo la donna si dedicava all'amministrazione della casa e alla cura dei figli; l'ultima parola però anche in questi ambiti spettava sempre all'uomo. Garantire la continuità della famiglia era la cosa più importante nella vita della donna ateniese: non riuscire a partorire figli poteva essere un problema grave.

Un'eccezione a questo modello è rappresentata da Sparta. In questa polis la donna aveva un carico molto più leggero di compiti casalinghi e godeva di una libertà maggiore: uno scandalo per tutti gli altri greci. Nella sfera sessuale si notano l'abbigliamento a volte addirittura succinto e la possibilità di generare figli (e quindi intrattenere delle relazioni sessuali) con altri uomini oltre ai mariti. In merito all'ambito giuridico, se non persino politico, sappiamo che le donne spartane avevano la cittadinanza, potevano ereditare ed essere proprietarie. La tutela degli uomini non era pervasiva nella loro vita, anzi era assente in certe circostanze. Nella storia le donne spartane vengono ricordate non solo per la loro libertà, ma anche per la loro forza. Plutarco (I secolo d.C.) lo testimonia, riportando famose frasi che hanno in parte creato la visione moderna di Sparta: “o con lo scudo o sopra lo scudo” e ancora “siamo le uniche [donne] capaci di generare uomini veri”. Si coglie senza dubbio la fierezza di queste donne nelle loro parole: eco di una fierezza che pervade tutta la popolazione spartana. Questa polis è di certo conosciuta per la sua componente fortemente battagliera e guerriera, ma un cittadino era addirittura considerato tale solo in quanto combattente, e doveva esserlo senza paura. Due erano gli esiti dei combattimenti: o tornare vincitori (con lo scudo) oppure tornare morti (sopra lo scudo, dove si trasportavano i cadaveri). Significativo è che tale frase venisse detta da una donna (la madre o la moglie del guerriero): ancora una volta siamo di fronte alla forza immensa delle spartane.


Roma. La donna romana, se aristocratica, riceveva un'educazione intellettuale: arte, letteratura, filatura e poco altro. È un grande miglioramento rispetto alla società greca. L'autorità rimaneva sempre al marito, ma condivideva con lui l'educazione dei figli e lo accompagnava nella vita pubblica (tra cui i momenti di banchetto). Anche questa è una novità non indifferente. Tale condizione era però diversa in epoca arcaica e per parte della Repubblica: in questo periodo il potere dell'uomo sulla donna (chiamato manus) era totale e senza limiti. Sono attestati casi in cui la moglie non solo veniva punita, ma veniva anche uccisa (per esempio in flagranza di adulterio). La rigidità della Roma dei primi secoli era connotata da valori quali la castità e la sobrietà: la donna doveva incarnare tali qualità perché era considerata troppo importante per la generazione di figli legittimi. Questo era di fatto il matrimonio romano: figli. Era un aspetto così importante della vita di un romano che addirittura le donne erano promesse a giovani uomini già in tenera età. Si svolgeva una cerimonia apposita di fidanzamento: la sposalia. Le romane avevano poco a che fare con la decisione: un uomo (il padre) decideva con un altro uomo (il futuro marito o suo padre). L'unica preoccupazione davvero grave per loro era riuscire a rimanere incinte: per questo venivano fatte sposare. Non avere figli spesso comportava anche il ripudio da parte del marito: la moglie veniva letteralmente cacciata di casa e così facendo non era più sposata di fronte alla legge. Ritornava alla casa paterna, senza modo di sostentarsi. Si tratta di una delle prime forme di divorzio, totalmente unilaterale. A Roma si arrivò anche alla versione consensuale, quindi con il consenso anche della donna, ma in epoca tarda e con un'effettiva applicazione scarsa.


Etruria. La donna etrusca godeva di una certa libertà; dagli scritti antichi ciò era un autentico scandalo per i greci. Anche se ella era rappresentata di frequente come una filatrice o una tessitrice, partecipava anche ai banchetti e alle feste. In quelle occasioni era alla pari degli uomini. Un tale comportamento si ritrova in Grecia solo con le etere: donne sofisticate che offrivano dalle prestazioni sessuali a quelle artistiche. L'importanza della donna in Etruria si evince anche dall'attiva circolazione dei beni ad ella connessa: non parliamo solo di ornamenti femminili, ma la donna stessa era una sorta di bene. Un bene di prestigio; ella portava ricchezza e nobili ascendenze. Un'etrusca era perciò destinata al matrimonio: era anche qui portata a generare figli destinati a essere guerrieri e tramite lei si instauravano politiche di alleanza. Una donna etrusca poteva però, a differenza di altre civiltà coeve, sposare uno straniero: bastava l'importanza della famiglia della moglie all'interno della comunità. Inoltre dalle attestazioni onomastiche si è riscontrato che i figli prendevano il nome della donna e di conseguenza la cittadinanza veniva assegnata anche solo tramite la discendenza femminile. In Etruria la donna aveva una libertà senza precedenti, ma non si tratta di un matriarcato: l'uomo aveva comunque un ruolo di spicco e predominante nella società.


Queste poche righe illustrano a grandi linee la condizione della donna libera e comune in tre grandi civiltà antiche, senza trattare di categorie particolari. Malgrado le differenze tra un popolo e l'altro, all'epoca la donna presentava delle caratteristiche in comune: era limitata nelle decisioni; non poteva andare o fare ciò che voleva. La casa e i figli erano al centro dei suoi pensieri e delle sue preoccupazioni. L'uomo veniva sempre prima della donna.

Oggi a livello giuridico sono cambiate tante cose, ma non dappertutto e soprattutto non sempre si nota il corrispettivo nella pratica. È sbagliato pensare che le donne odierne non abbiano nulla da spartire con quelle passate. Siamo di sicuro accomunate dalle stesse ambizioni, dalla stessa voglia di rivalsa: ieri come oggi vogliamo vera parità e giustizia. Pretendiamo una vera opportunità.

Guardare al passato, documentarsi e imparare ci può perciò aiutare a migliorare il nostro futuro. Tanta strada fatta, tanta ancora da fare.


Autore: Bianca Calvi

 
 
 

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