Gli effetti speciali nel cinema muto
- Accorciamo le distanze

- 17 set 2020
- Tempo di lettura: 4 min

Come venivano realizzati gli effetti speciali del cinema senza “effetti speciali”: tecnica, ingegno e maestria erano gli ingredienti utilizzati per ingannare e stupire lo spettatore.
Generalmente, quando si parla di effetti speciali nel cinema, si pensa alle sofisticate capacità tecnologiche dell’epoca moderna, che offrono la possibilità di ambientare un film in qualsiasi tempo e mondo fantastico.

La tecnica maggiormente utilizzata ai fini di questo scopo è sicuramente il Chroma Key (più conosciuto come Green Screen o Blu Screen) che consiste, appunto, in un telo/oggetto di colore verde posto in maniera strategica all’interno della ripresa, in modo da poter sovrapporre digitalmente due immagini o due video differenti in fase di montaggio.
Questa tecnica avanzata è sicuramente affascinante, ma è in uso solo dai primi anni ’70. Eppure film con effetti speciali sono esistiti anche prima di questa data, addirittura quando il cinema era ripreso su pellicola, non aveva il sonoro ed era in bianco e nero.
Come si potevano fare gli effetti speciali in quei tempi?
E’ bene fare prima una piccola introduzione su cosa sia la pellicola e come veniva utilizzata nel cinema. Essa era un nastro perforato su entrambi i lati: la parte sensibile alla luce era un composto a base di argento mentre il supporto era di poliestere. La pellicola cinematografica era formata da piccole “caselle” chiamate fotogrammi (di 8, 16 o 35 mm). Per fare una ripresa veniva inserita correttamente nella macchina da presa; quando il fotogramma era in posizione, la luce impressionava la superficie sensibile per qualche frazione di secondo e restituiva un’immagine al posto di pellicola vuota. Un otturatore poi interrompeva il flusso luminoso e si passava al fotogramma successivo tramite una manovella posta esternamente alla cinepresa. In fase di proiezione avveniva lo stesso principio: la pellicola scorreva e le immagini prendevano vita una dietro l’altra.
Questo meccanismo permetteva ai registi o semplicemente agli appassionati del cinematografo di sperimentare anche nuove tecniche da implementare alle loro riprese. Ad esempio, la tecnica utilizzata per rendere una scena a rallentatore era questa: la pellicola da impressionare veniva fatta scorrere molto più velocemente all’interno della macchina da presa, in modo da avere più fotogrammi simili, che in fase di proiezione venivano fatti scorrere con la tempistica standard e rendevano l’immagine “rallentata”. Nel caso di una velocizzazione della sequenza, il procedimento compiuto in fase di ripresa era esattamente l’opposto.
Questi sono dei piccoli esempi, ma visti in un’ottica di assenza totale di tecnologia risultano avere un fascino molto particolare (almeno personalmente).
Oltre che da meccanismi e marchingegni, il cinema è stato creato anche dall’estro di alcuni uomini: come non pensare ai fratelli Lumière! Mi preme però sottolineare l’importanza di un altro grande personaggio che ha reso il cinema una vera opportunità di comunicazione.
George Méliès è ritenuto da molti il padre degli effetti speciali della settima arte. Egli nacque a Parigi e per molto tempo fu prestigiatore e illusionista presso il Teatro Robert-Houdin. Rimase colpito dal cinematografo durante la prima proiezione dei fratelli Lumière e decise di costruirsene uno identico. Fu proprio “giocando” con questo strumento che nacquero da lui nuove tecniche di montaggio video.
Nel 1901 le sue sperimentazioni gli permisero di raggiungere un buon livello di illusione e produsse il film “L’uomo con la testa di caucciù”. È stato il primo esempio di effetto speciale nel cinema! Sulla scena abbiamo un tavolino su cui è poggiata una testa (la testa di Méliès) e un signore (Méliès stesso) che decide di gonfiarla; sullo sfondo è presente una scenografia disegnata. In questo cortometraggio il regista ha sovrapposto due pellicole: sulla prima è stata impressionata la scenetta “di sfondo” che comprende l’ambientazione e l’attore, mentre nella seconda pellicola è presente solo la sua testa. L’effetto di ingrandimento e rimpicciolimento è stato reso dall’avvicinarsi (o dall’allontanarsi) dalla macchina da presa. Piccolo aneddoto: sulla sinistra della scena è posto un cartello con scritto “Star Film Paris”, la casa di produzione cinematografica fondata da Méliès.
In “Voyage dans la Lune” (Viaggio nella Luna) del 1902, Méliès dimostrò tutte le sue capacità di regista, illusionista e prestigiatore. In questo film ogni fondale è stato disegnato a mano ed entra in simbiosi così tanto con gli attori, che rende molto difficile distinguere cosa sia disegnato e cosa sia reale.
In “Viaggio nella Luna” è presente un altro effetto speciale molto importante: il taglio della pellicola. Questa tecnica permetteva di “far apparire” oggetti nel mezzo di una scena, come per magia. Al minuto 1:40, Méliès infatti decide di sostituire i sei cannocchiali (disegnati) che hanno in mano gli scienziati con sei sedie. Ciò è stato possibile riprendendo i personaggi con un oggetto in mano e poi con un altro: una volta tolta la pellicola nella macchina da presa, la si tagliava di tutti i fotogrammi “inutili” (cioè le riprese in cui gli attori portavano via di scena i cannocchiali e prendevano le sedie) e la si univa al fotogramma in cui i personaggi erano nella stessa posizione di prima, ma con il nuovo oggetto in mano.
Inoltre, è molto interessante porre attenzione su un dettaglio che apparentemente sembra essere poco rilevante ma che, a posteriori, non risulta scontato. In ogni cambio scena abbiamo un rimando a quella precedente, ovvero: se la scena si conclude con gli attori che escono a destra dalla ripresa, nella successiva questi compaiono a sinistra creando un’illusione di logica dello spazio e della trama.

La tecnica del taglio è stata in seguito utilizzata per moltissimi scopi, uno di questi è presente nel film “Metropolis” di Fritz Lang del 1927. Molte scene erano semplicemente delle ricostruzioni in miniatura di città futuristiche; man mano che la pellicola veniva fatta girare nella macchina da presa, degli addetti spostavano le macchinine utilizzate per ricreare una situazione di traffico stradale. Grazie al taglio della pellicola, i momenti in cui gli incaricati di questo compito apparivano in scena furono tagliati, per rendere al meglio l’illusione.
Si potrebbero ovviamente citare numerose altre tecniche e altrettanti registi rivoluzionari. Da questi soli pochi esempi citati si deduce il divario tecnologico tra gli effetti speciali dell’epoca e gli attuali, ma a mio parere le finalità sono tutt’altro che dissimili. L’intento è creare meraviglia e illusione.
D'altronde il cinema è finzione, si sa. Ma finzione fatta bene.
Autore: Alice Corti


Bellissimo ali
Bellissimo ali