Il cantore di piazza Tahrir
- Accorciamo le distanze
- 6 gen 2021
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إرحل
“Irhal” (إرحل), “vattene”, è il titolo di una delle prime canzoni di Ramy Essam; sicuramente quella che lo ha portato ad acquisire una fama a livello internazionale. Una notorietà conquistata non senza rinunce e difficoltà durante anni di lotte politiche per il suo paese, l’Egitto.
Ma cerchiamo di capire meglio.
Siamo nel Febbraio del 2011, in Egitto, durante la nascita dei movimenti di protesta delle primavere arabe. Milioni di persone scendono nelle piazze delle diverse città per protestare contro un regime dittatoriale e anacronistico; quello di Hosni Mubarak.
Mubarak, rappresentante del partito democratico egiziano (NDP) aveva seguito la scia del suo predecessore Anwar al-Sadat per quanto concerneva politica estera ed economica, ma anche per quanto riguardava la durata del mandato presidenziale. Se il suo predecessore aveva governato l’Egitto dal 1970 al 1981 (anno del suo assassinio), Mubarak era subentrato in quelle circostanze e aveva portato avanti per trent’anni il suo governo, senza nessuna intenzione di ritirarsi. Se non fossero subentrate le primavere arabe, probabilmente il suo piano egemonico sarebbe continuato ancora per anni.
L'espressione "primavere arabe" è una definizione eurocentrica, utilizzata dagli occidentali per spiegare tutta quella serie di proteste e scontri, o meglio, quella presa di coscienza, avvenuta da parte della popolazione di moltissimi stati mediorientali che, stanca dei regimi ai quali era sottoposta da anni, decise di riversarsi nelle strade e domandare cambiamento. Ovviamente la questione non era solo connessa a regimi più o meni autoritari, ma anche a una crisi economica e lavorativa che stava asfissiando le generazioni più giovani.
Per quanto riguarda l’Egitto, gli scontri, via a via sempre più violenti, si svilupparono a Il Cairo (capitale egiziana) e, in particolare, in una delle sue piazze; piazza Tahrir. Questa divenne il simbolo della protesta egiziana nel 2011.
All’interno di questo contesto nasce e si sviluppa la figura di Ramy Essam, classe 1987, che a soli 24 anni, nel 2011 scende in piazza insieme ai suoi coetanei e trova nella musica l’arma d’espressione più potente per manifestare la sofferenza del suo popolo. “Ihral”, scritta in quel periodo, diventa un inno alla rivoluzione e viene cantata durante le manifestazioni dopo che, quasi per caso, Ramy sale con la sua chitarra su un palco in una piazza e inizia a cantare. L’autore riesce a trasformare un inno di protesta in una canzone rock, provando ancora una volta come i canti di massa siano effettivamente una delle armi più potenti in mano al popolo.
La canzone diventa presto famosa in tutto l’Egitto, e non solo, grazie all’uso di YouTube (famoso mezzo di comunicazione con l’esterno da parte della gioventù araba, utilizzato in quel periodo per mostrare al mondo le condizioni interne al proprio paese).
Estratto del video di Ihral cantato in piazza Tahrir nel 2011:
Ma cosa successe alla fine della primavera araba?
A causa delle continue proteste e dell’instabilità interne al paese, Mubarak licenziò il governo e sostituì il suo vice con un ex capo dell’intelligence egiziana, al quale delegò l’interezza dei suoi poteri quando l’esecutivo del suo stesso partito decise di dimettersi. L’11 febbraio dello stesso anno, il vicepresidente annunciò le dimissioni di Mubarak e il paese fu messo nelle mani di una giunta militare che garantiva ordine e rispetto della legge mentre si aspettava una modifica costituzionale e nuove elezioni. Nel 2012 queste si tennero e ne uscì vittorioso Mohamed Morsi, islamista, leader del partito della Fratellanza Musulmana. Come mai, dopo tante proteste da parte della gioventù, il risultato dell’espressione della volontà popolare fu quello della nomina di un rappresentante tutt’altro che progressista e aperto al cambiamento? Questo, purtroppo, perché il fenomeno delle rivoluzioni arabe, nella maggior parte degli stati in cui si svilupparono, raramente riuscì a tradursi in un movimento unitario e omogeneo. Laddove mancava una testa di ponte, spesso si inserirono movimenti/partiti già consolidati, che riuscirono a catalizzare al loro interno il dissenso popolare per emergere. Questo fu esattamente il caso della Fratellanza Musulmana in Egitto.
La scelta elettorale fu sicuramente importante, per quanto riguardava il re-instaurarsi di movimenti islamisti sempre più forti interni al paese, ma non venne rispettata; l’anno successivo, il governo venne rovesciato da un colpo di stato per mano del generale Al-Sisi, il quale si pose come leader dello stato.
E per Ramy?
Questi cambiamenti non furono positivi. Dopo l’arresto e le torture subìte nel 2011, Ramy si dovette scontrare con un altro regime illiberale e autoritario. Tanto restrittivo che la sua musica fu dichiarata illegale da parte delle autorità nel 2014 (forse per paura del potere che aveva) e, nello stesso anno, Ramy fu costretto a scappare in Svezia per sfuggire alle persecuzioni.
Nel 2018 il cantautore ha pubblicato un singolo, intitolato “Balaha”, dedicato al nuovo leader egiziano; il titolo della canzone significa “dattero”, ma suddetta parola, in egiziano, viene anche usata come aggettivo per indicare una persona stupida, ottusa. Il brano è stato composto grazie a una collaborazione tra Ramy e il poeta egiziano Galal El-Behairy. Dopo la pubblicazione del singolo, El-Belhairy è stato arrestato, torturato, accusato di diversi crimini, tra i quali diffondere fake news e di essere membro di un’organizzazione terroristica.
Il 27 Giugno 2018, la corte militare ha deciso di posporre il verdetto di Galal al 28 Luglio dello stesso anno e da quel momento non è mai più uscito di prigione.
Ma Galal non fu il solo ad essere arrestato; la canzone “Balaha” ha portato all’arresto di 6 persone associate, giustamente o meno, alla produzione della canzone. Tra queste, Shady Habash è morto a Maggio del 2020, dopo più di due anni passati in carcere (e le cause della sua morte sono ancora sconosciute).
Vedendo lo sviluppo di questa storia di coraggio, è facile capire come “Ihral” sia stata scelta nel 2011 dal Time Out come “3°-most world-changing song of all time”.
Nonostante le sue canzoni siano state bandite e sia stato costretto a spostarsi in Svezia e in Finlandia per poter vivere liberamente, Ramy non ha perso la speranza per il suo paese e l’intenzione è quella di continuare a combattere per far prendere coscienza al suo popolo rispetto a quello che sta passivamente subendo. Il suo sogno è quello di poter tornare in prima linea, un giorno. Per ora sta portando avanti le sue battaglie dall’estero, mentre aspetta di non essere più sottoponibile al servizio militare obbligatorio nel suo paese (essendo ormai stato ampiamente etichettato come nemico del governo).
Di seguito ho deciso di riportare il testo di un’altra delle opere di Ramy Essam; “A letter to the Security Council in the UN” è una canzone scritta in collaborazione con un altro poeta egiziano, Amgad El-Qahwagy. Il testo, che di recente è stato per la prima volta pubblicato in inglese, è indirizzato al Consiglio di Sicurezza dell’organizzazione ONU e parla di educazione e libertà.
“I am pleading that my words reach you.
Despite your concern
To the Security Council of the United Nations
This is not my first message
This is me the bloody human
Rulers sharpening their swords using ignorance over my silence
Out of darkness injustice was created
I became one without any knowledge, following my obsessions
I befriended my enemy
Not even knowing my own flaws
I became stranger in my own journey
Others reading my compasses for me
Ignorance navigating me
Oh, my lord, secretary of the council, and all secretaries betraying my dreams
I might not understand the words on my TV
But I know that prison’s air is heavy
I might not know how to spell freedom
But I carry its meaning with me
I know that today will pass by
But tomorrow I might break free
Oh my lord, watch out for me!”
Autore: Giorgia Verderio
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