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Il CAS - La cascina & il bar


Ecco alcuni contributi sul CAS inteso come spazio fisico, declinato in luoghi di ritrovo ed esperienze comunitarie e di accoglienza.



La comunità della Cascina Mariamina

La continua attenzione ai problemi degli altri e la ricerca di un senso “alto” da dare alla propria vita, discorsi che all'interno del CAS erano pane quotidiano, porta man mano un piccolo gruppo giovanile a costituire una forma di vera e propria comunità a Inzago. La soffiata, proveniente dagli ambienti dei Soci Costruttori, che ad Inzago era presente una piccola cascina in disuso da tempo spinse cinque di noi (Gino Ferrandi, Bettini Luigi, Felice Calvi, Pierangelo Cremonesi, Benigno Calvi) a lasciare le famiglie per iniziare una esperienza comunitaria (1974). Da notare l’assenza completa di ragazze che in quell’epoca subivano ancora pesantemente un clima famigliare e sociale assolutamente contrario ad una esperienza simile. La comunità comunque decolla anche se con questo handicap che fu solo in parte superato allorché si dette ospitalità ad una famiglia colombiana fuggita dall’America Latina ai tempi di Pinochet. La cascina diventò man mano un centro sociale in miniatura, luogo e rifugio anche di disagiati sociali, rifugiati politici, migranti. Nel periodo del terrorismo brigatista la comunità era anche non sempre discretamente controllata dalle Forze dell’ordine. L’esperienza finì allorchè la proprietà, accortasi che alcuni dei partecipanti erano dediti all’allevamento di bestiame, minacciò di non rinnovare più l’affitto e qualche tempo dopo mise in vendita l’unità immobiliare che fu fortunatamente acquistata, ma divisa in due lotti, dalla famiglia di Felice e da parenti della moglie Rosella (1987).




Il bar

Dopo i primi anni in cui la sede sociale era stabilita in alcuni vecchi locali di via Pilastrello, il C.A.S. si trasferisce in via Piola in una struttura prima dedicata a bar con biliardo (1975). Con questa novità l’Associazione apre un nuovo ambito d’azione costituito da due ambienti: la sede vera e propria, con archivi, segreteria e sala riunioni utilizzando la precedente sala biliardo e altri due spazi dedicati al bar ed al salone per gli utenti. Allo stesso indirizzo, ma in un locale a parte, per alcuni anni si esercitano gli “attori” del gruppo Teater 7.

Con il passare del tempo il bar diventa sempre più un ambito di socializzazione, di autofinanziamento e di pratica concreta di autogestione gestito da volontari di ogni età. Dopo la chiusura di via Piola (1992), il CAS cambia due sedi, adibite solo alle riunioni, ma nel 1999 con il passaggio della sede sociale in via Fumagalli il bar riapre e si arricchisce anche di una cucina professionale capace di sfornare periodicamente piatti per decine di persone alla volta. Celebri e indimenticabili sono restate le performance culinarie a base di trippa e casoeula soprattutto durante i lunedì della Festa del Paese, ma anche per altre occasioni. Il bar però è stato anche occasione, per un periodo, di conflitti con i vicini causati dai rumori dei numerosi avventori, conflitti comunque poi appianati, seppur con fatica, con il dialogo e il buon senso. Il bar di via Fumagalli chiude, dopo essere stato gestito per 16 anni in maniera totalmente volontaria, con la sede, nel 2015.

Da non dimenticare anche l'episodio dell'incendio, avvenuto alla fine del 2010, che ne ha bloccato la gestione per qualche mese.



 

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