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L’Afghanistan e il ruolo talebano


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Lo stato e le sue criticità di base.


Il 12.09.2020 si sono tenuti a Doha i primi negoziati diretti tra organizzazione talebana e governo legittimo di Kabul. Le due parti sono rappresentate entrambe da un team di 21 persone; quello di Kabul è guidato dall'ex capo dell'intelligence Masoom Stanekzai e quello talebano da Abdul Hakim Ishaqzai, la più alta carica giuridica del gruppo. L’obiettivo primario dei negoziati è quello di arrivare a un cessate il fuoco duraturo che interrompa i continui scontri interni, che si protraggono dal 1994.


Ma chi sono i Talebani e come si sono radicati nel sistema afgano?


Per un’analisi completa dovremmo ripercorrere tutta la storia dello stato-nazione afgano dal 1747 in poi, e questo risulta complesso. Bisogna però almeno accennare alcuni punti chiave fondamentali per una comprensione maggiore delle dinamiche territoriali e culturali.


Primo aspetto essenziale da tenere in considerazione è quello etnico. L’Afghanistan è uno degli stati che conta il più alto numero di etnie differenti al suo interno. La principale è quella pashtun. I pashtun vivono in larga parte nelle zone di confine con il Pakistan, si raggruppano in tribù capeggiate da un Khan (capo), che può amministrare il popolo solo se lo stesso lo riconosce come leader. Le comunità pashtun basano le loro azioni su un codice di condotta orale e rigidissimo chiamato Pashtunwali, basato sul rispetto dell’onore, che inevitabilmente si riflette sull’intera popolazione e in particolare sulla sfera femminile. Inoltre, aspetto molto interessante e “moderno”, qualsiasi decisione viene presa dagli uomini attraverso una Loya Jirga, un istituto proto-assembleare che varia nella sua composizione a seconda delle questioni trattate. Altre etnie presenti in numero consistente sono quella tagika, e hazara. Le pratiche sociali e culturali dei diversi gruppi si riflettono tutte, più o meno direttamente, sull’amministrazione centrale dello stato.


Seconda caratteristica importante è la presenza dell’Islam come principale religione, dopo l’islamizzazione di massa del 500 d.C avvenuta per mano delle truppe arabe. Questo aspetto è importante, in quanto dalla matrice islamica nascono diverse fratture culturali ed etniche, che a loro volta si riverberano a livello di rappresentanza nel governo centrale, impedendo un’effettiva unificazione sociale dello stato.


Abbiamo poi la presenza della Durand Line, confine amministrativo sancito nel 1891 tra l’emiro Abdu Rhaman e il segretario degli esteri del Raj britannico Sir. Durand. La divisione in due parti dello stato afgano venne ideata per lasciare una maggiore autonomia gestionale interna alle comunità pashtun, concentrate nella fetta di territorio statale al confine con l’attuale Pakistan. L’area autonoma creata è il principale palcoscenico di instabilità del paese, caratterizzato da un’assenza di controllo statale, la predominanza del pashtunwhali come codice di condotta e la presenza di connessioni con le scuole deoband [1] pakistane da cui sono nati i mujaheddin afghani. La più famosa è quella di Peshawar [2] .


Ultimo fattore, non meno importante degli altri, è l’interesse geostrategico che il territorio afgano suscita agli occhi dei governi occidentali; troviamo quindi un’ingerenza di Gran Bretagna e Russia negli affari afgani dalla nascita del colonialismo nel 1.600 d.C e dell’Unione Sovietica e degli Stati Uniti d’America in seguito.


L’assenza di effettive politiche costitutive di uno spirito nazionale comune, il fallimento dei tentativi di rappresentanza delle minoranze e le logiche particolaristiche interne a ciascuna tribù, aggiunti a una forte repressione delle spinte islamiste moderate dal 1964 al 1972, provocarono un’estrema radicalizzazione di alcune fasce della popolazione e l’avvio del fenomeno dei mujaheddin. Questi ultimi sono i combattenti afgani (ma non solo) [3], che si opposero all’invasione sovietica del territorio a fianco della superpotenza americana e del Pakistan [4] nel 1979.


La nascita talebana

È proprio negli anni ’90, quando il governo filosovietico afgano si sgretola e i partiti Peshawar [5] prendono il controllo di Kabul, che le forze talebane iniziano a nascere, svilupparsi e avere una prima visibilità a livello internazionale.


Il fondatore del gruppo talebano è il Mullah Omar [6], uomo di bassa estrazione sociale, che riuscì però a ergersi come capo di un movimento che aveva l’obiettivo di portare la pace attraverso il ritorno al vero Islam, con la ricostituzione del Califfato di Maometto [7]. Omar riuscì inizialmente a conquistare la simpatia di alcune fasce di popolazione che erano stanche della situazione bellicosa del paese e auspicavano il ritorno di una centralità del governo con il conseguente abbattimento dei signori della guerra locali [8].


La prima apparizione internazionale dei talebani avvenne nel 1994 con la liberazione di un convoglio pakistano preso dai signori della guerra, vicino a una cittadina di nome Kandahar [9]. Da quel momento in poi le file talebane si ingrossarono progressivamente, anche grazie all’adesione di membri fuoriusciti dai gruppi Peshawar, e nel 1997 furono in grado di prendere la capitale, mentre il resto della popolazione a loro ostile si rifugiava nelle zone di confine per opporsi al “regime”.


Dal 1997 al 2001 il Mullah Omar “governò” sul territorio, che rimaneva comunque sempre diviso internamente, appoggiandosi però a un partner fondamentale per l’acquisizione di una maggiore solidità interna: al-Qa’ida di Osama Bin Laden. Il leader terrorista a sua volta aveva bisogno dell’appoggio e della protezione di Omar, in quanto cacciato dall’Arabia Saudita (sua terra natia) e dal Sudan per le Fatwas [10] lanciate contro tutti i governi che riteneva collusi con l’invasore americano.


È questa vicinanza con al-Qa’ida, causata anche dalle poco comprensive politiche ONU, che portò alla lotta contro il regime talebano durante l’operazione militare Enduring Freedom (attuata in seguito agli attentati negli U.S.A del 2001). Essa aveva come obiettivo primario l’eliminazione di Omar e Bin Laden e delle loro organizzazioni, per una rinascita democratica dello stato afgano.


È importante sottolineare che il Mullah Omar e Bin Laden non avevano obiettivi comuni. Chi è poco informato spesso non è a conoscenza della differenza d’intenti dei due soggetti e accomuna erroneamente talebani e al-Qa’ida. Omar contava su Bin Laden per poter avere uno sponsor e un appoggio contro i diversi gruppi di resistenza interni al suo regime, ma non voleva esportare la sua idea di stato, che rimaneva ben collocato nel territorio afgano. Bin Laden, invece, era la testa di quel movimento che nasce negli anni ’80, derivante dall’insieme di idee islamiste, alimentate anche dalle sovvenzioni statunitensi, che punta a un jihad offensivo internazionale, dal quale deriva il terrorismo internazionale qaedista.


La guerra del 2001 venne combattuta velocemente e il nemico sembrò apparentemente sconfitto, tant’è che già nel 2003 Donald Rumsfield [11] dichiarò concluso il capitolo afgano per volgere le sue attenzioni alla questione irachena. In realtà il cuore dell’organizzazione non era morto; Omar non era stato ucciso ed era scappato con alcuni membri talebani e Bin Laden oltre confine afgano durante la battaglia di Tora Bora [12] nel 2001. Dopo 3 anni i talebani si ripresentarono a est di Kandahar con le famose night letters [13].


La domanda che sorge è come mai, nonostante l’intervento U.S.A e una cooperazione internazionale di state building con milioni di dollari di fondi internazionali, ci fossero comunque le condizioni giuste per il ritorno talebano. Questo perché le riforme politiche del nuovo governo eletto di Amid Kharzai, nonostante cercassero di rappresentare l’intera popolazione, a livello pratico ricrearono condizioni di spaccatura sociale, corruzione e mala gestione. Un esempio di ciò è la presenza nel nuovo parlamento di vecchi signori della guerra o di membri degli ex partiti Peshawar. Sostanzialmente, possiamo dire che vi fu un completo insuccesso nello state building e che i soldi destinati alla ricostruzione vennero dispersi ed andarono ad alimentare il malaffare all’interno del paese.


In questo nuovo contesto di incertezza e inazione i talebani si proposero come efficiente alternativa allo stato, anche grazie a modifiche dell’assetto interno dell’organizzazione stessa. Nel 2004 venne infatti strutturato un gruppo di “prescelti” vicino a Omar che avevano il compito di supervisionare le decisioni centrali, mentre si andava sempre maggiormente delineando una divisione di controllo e di leadership anche a livello territoriale e regionale, con la presenza di esperti per settori diversi. Nel 2008 venne scritta l’Ilayeah, un nuovo codice di condotta che aboliva determinate pratiche comuni talebane (come il rapimento e l’estorsione), per dare maggiore credibilità interna e internazionale al gruppo. L’obiettivo talebano era quello di scendere all’interno dell’arena politica afgana e sostituire il governo di Kabul.


Anche se il governo legittimo è presente dal 2004, l’attività talebana ha portato i suoi frutti: erogazione di nuovi servizi assenti a livello statale, sostituzione di complessi iter burocratici che rendevano la vita dei cittadini delle zone periferiche impossibile, accordi con diverse Organizzazioni Internazionali e O.N.G per le pratiche di vaccinazione e assistenza sanitaria.


Tutto viene accompagnato da pratiche di insorgenza nei confronti dell’esercito americano e di quello di Kabul, sfruttando anche nuove tecniche di guerriglia (imboscate e dispersioni) e nuove tecnologie (gli I.E.D [14])che hanno reso completamente inutili i grandi e tecnologici armamenti statunitensi, sottolineando come le tecniche militari di controinsorgenza occidentali siano completamente insufficienti per le nuove tipologie di guerre che si sono sviluppate dalla fine della Guerra Fredda.


Questa situazione di stallo, con la presenza di un governo internazionalmente riconosciuto e quella di un governo ombra talebano, è tutt’ora esistente. Solo dopo diversi tentativi falliti di controinsorgenza, da parte sia di Obama che di Trump, si è arrivati alla volontà americana di instaurare negoziati diretti con i talebani nel 2018. Quella dei negoziati di Doha rappresenta un’iniziale piccola vittoria, perché vede come parti dialoganti due fazioni che non si sono mai riconosciute vicendevolmente prima d’ora. Questo primo passo non deve però farci essere troppo ottimisti; la spinta americana alla tavola rotonda rappresenta un tentativo di accordo da parte di un paese stremato da 20 anni di State Building fallimentare, l’affidabilità dei gruppi talebani è scarsa e vi è il rischio di un possibile rifiuto dell’accordo da parte di cellule talebane più radicali, vanificando completamente l’efficacia dello stesso. È di questi ultimi giorni, infatti, la notizia di nuovi scontri tra le due fazioni a causa di un tentativo di avanzamento territoriale talebano nella provincia di Helmand.


[1] Scuole islamiche fondate da Darul Uloom Deoband, le quali uniscono il fondamentalismo islamico all’antimperialismo.

[2] Peshawar è una città pakistana all’interno della quale si è sviluppata una delle principali scuole deoband in cui è stata addestrata buona parte dei mujaheddin, afghani e non, che hanno combattuto nella guerra del 1979 contro i militari sovietici.

[3] Nel periodo della guerra contro l’Unione Sovietica i combattenti anti occidentali arrivarono da più di 40 paesi mediorientali diversi, con l’obiettivo di essere formati al combattimento e poter difendere a loro volta la propria patria dagli invasori.

[4] Dalla sua nascita, nel 1947, tutti i governi pakistani hanno sempre avuto mire di controllo e destabilizzazione dello scenario politico interno afgano, in modo tale da poterlo controllare geo-strategicamente per propri vantaggi.

[5] Dalle scuole Peshawar nascono veri e propri raggruppamenti di combattimento con correnti di pensiero diverse al loro interno, che vanno poi a strutturarsi in proto-partiti ,una volta avvenuta la presa di Kabul nel 1997.

[6] La parola Mullah significa “musulmano saggio” e rappresenta un uomo colto che conosce la sharia. Il Mullah Omar infatti si è posto come guida spirituale di un popolo.

[7] Questa forma di pensiero islamista viene chiamata “utopia retrospettiva”, ovvero il ritorno utopico allo scenario del Califfato sotto il profeta Maometto, periodo in cui regnava la pace, la giustizia e l’armonia.

[8] Essendo il territorio frammentato con un’assenza di controllo centrale, si è formato il fenomeno dei signori della guerra, ovvero soggetti che hanno controllo su determinate aree, inibendo il commercio attraverso dazi da pagare.

[9] Kandahar diventerà la base dell’organizzazione talebana, nonostante la capitale sia sempre stata Kabul.

[10] Le Fatwas sono proclami lanciati dal capo terrorista, per la ribellione del popolo di Maometto, contro i nemici del vero Islam.

[11] Segretario della Difesa degli Stati Uniti d’America.

[12] Tora Bora è una montagna afgana, sulla quale si è compiuta la battaglia decisiva per la vittoria armata statunitense.

[13] La pratica delle Night letters consiste nella stesura di lettere riportanti canti gloriosi di guerra del popolo di Maometto contro il nemico invasore, che incitavano la popolazione all’appoggio del gruppo talebano per la ricostituzione del Califfato.

[14] I.E.D è l’acronimo di “improvised explosive devices”, ovvero ordigni fabbricabili con oggetti e materie prime di facile reperibilità, importate in Afghanistan dai combattenti iracheni nel 2005.

Autore: Giorgia Verderio



 
 
 

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