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La collezionista di merendine


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Storia dolceamara di un malessere che diventa un disordine


Quanti modi ci sono per non amare se stessi, per non volersi bene?

Quanti modi ci sono per autodistruggersi, autosabotarsi?

L’elenco è praticamente infinito: ognuno di noi ha la propria esperienza, il proprio punto di vista, il proprio modo per mettersi i bastoni tra le ruote.


Il mio personale autosabotaggio ha un nome, forse poco conosciuto, ma molto più comune di quel che si possa pensare: si chiama Binge Eating Disorder o Disturbo dell’Alimentazione Incontrollata. Questo è uno dei motivi per cui se vi dovesse capitare di frugare nella mia borsa o nelle tasche della mia giacca trovereste un’insolita quantità di carte di cioccolatini o di merendine, sicuramente troppe per una persona sola.


Incapacità e difficoltà a controllarsi, astinenza quando si cerca di non ricadere nel problema, bisogno compulsivo di rifugiarsi in quello stato di benessere totale ma momentaneo che sembra darci effetti psichici positivi e gratificanti: queste caratteristiche accomunano tutte le dipendenze, quali l’alcolismo, la tossicodipendenza ma, ATTENZIONE, anche la dipendenza da cibo!

Quest’ultima è una delle più subdole perché è spesso incompresa, sottovalutata e difficile da combattere: il cibo d'altronde ci nutre da quando nasciamo, fa parte della nostra quotidianità ed è un bisogno di prima necessità irrinunciabile.


Ma cosa accade quando assume un significato diverso dalla semplice funzione nutritiva?


Vi è mai capitato di ritrovarvi in preda allo sconforto o all’ansia e di cercare di tirarvi su il morale mangiando un pezzetto di cioccolato o il vostro piatto preferito - magari ipercalorico e poco sano - e di sentirvi subito meglio?

Come se quella sensazione di insoddisfazione o preoccupazione che si annida dentro di voi si placasse per qualche istante nel momento in cui si sprigiona nel palato, per esempio, il sapore dolce e avvolgente del cioccolato.

A tutti sarà successo almeno una volta nella vita.

Ma se non bastasse più per sentirsi meglio? Se quell’innocente pezzetto di cioccolato non fosse abbastanza per risollevarci e divorassimo un’intera tavoletta di cioccolato, una confezione di merendine e magari anche quattro pacchetti di patatine, uno dietro l’altro? Si tratterebbe di una vera e propria abbuffata fuori controllo.

Quando le ingozzate iniziano ad essere incontrollate e abitudinarie si può andare incontro a una serie di disturbi alimentari. Il più conosciuto è la bulimia, caratterizzata dall’assunzione di grandi quantità di cibo, seguite dalla necessità di liberarsene attraverso l’autoinduzione del vomito o l’utilizzo dei lassativi.

Quando invece si verificano abbuffate ricorrenti ma senza adottare condotte di eliminazione di quello che si è ingerito, parliamo Binge Eating Disorder.


L’individuo affetto da B.E.D. si ingozza rapidamente e con regolarità, di nascosto, assumendo considerevoli quantità di cibo senza presentare inizialmente nessun tipo di senso di colpa o di preoccupazione.

Questo tipo di comportamento non è dovuto a un vero senso di fame ma è dettato dal bisogno compulsivo di colmare una sensazione di vuoto emotivo causato da un malessere psicologico, spesso caratterizzato da tristezza (talvolta depressione), sensazione di incertezza e ansia. Il cibo viene visto come unica soluzione possibile e immediata per alleviare il dolore e allontanare le preoccupazioni.

Proprio come il tossicodipendente, l’individuo affetto da B.E.G. è convinto di non potere fare a meno di alimenti autodistruttivi che preferisce e che diventano per lui come una droga: si strafoga in solitudine, spesso scegliendo cibo-spazzatura, per dimenticare, per soffocare la solitudine e la negatività, per allontanare il problema da sé, arrivando anche a una sensazione di pienezza eccessiva e spiacevole.

In un primo momento tutto questo sembra funzionare, si sente meglio tra un boccone di troppo e l’altro ma, non appena finisce di mangiare e riacquista una sorta di “lucidità”, è pervaso da un enorme senso di colpa, di frustrazione per essere ricaduto per l’ennesima volta in questo comportamento autodistruttivo.

Solitamente chi è affetto da questo disturbo tendenzialmente è obeso o in sovrappeso e soffre profondamente per questa condizione. Inoltre, in alcuni casi il Disturbo da Alimentazione Incontrollato è accompagnato da depressione e disturbi dell’umore.


Il B.E.G. è una problematica complessa da affrontare ed è difficoltoso trovare una soluzione; solitamente si associa un percorso di rieducazione alimentare ad un percorso psicologico. La terapia psicologica che si appoggia alla teoria cognitivo-comportamentale è tra gli approcci considerati più efficaci, perché fornisce al paziente tutti gli strumenti necessari per poter reagire prontamente e con consapevolezza nel caso in cui si verifichino eventi negativi che possano essere considerati fattore scatenante delle abbuffate.


Il processo verso la guarigione è comunque molto lungo e delicato (lo dico per esperienza) e spesso possono esserci ricadute, soprattutto nei periodi più stressanti.

Io personalmente non mi sento ancora del tutto guarita, ma sicuramente attraverso il supporto psicologico ora ho tutti i mezzi necessari e una maggior autoconsapevolezza per potermi sentire sempre più pronta ad accogliere tutte le emozioni e viverle a pieno, senza doverle soffocare nel cibo. È una lotta ancora giornaliera e solo ora sto lasciando andare alcuni pesi che mi trascinavo appresso.


Ci sono stati dei momenti difficili, in cui i Kg di troppo che mi portavo dietro mi facevano addirittura desiderare di essere qualcun altro, arrivando quasi a voler abitare un altro corpo, con l’impulso irrazionale di strapparmi la pelle di dosso per uscire da me stessa…

Dopo però diversi anni di psicoterapia e sicuramente anche grazie alla lotta contro il body shaming, che vede sempre più in prima linea anche personaggi pubblici e che sta rivoluzionando anche il mondo della moda, sto capendo piano piano di dover accettarmi per quella che sono e perdonarmi.

Ho provato e assimilato sulla mia pelle che non occorre punirsi per rigare dritto, ma dobbiamo imparare ad abbracciarci e ad amare noi stessi come sappiamo fare con gli altri.


Concludo con una citazione di Buddha, fatta di parole semplici ma anche di grande verità:


<<Tu stesso, come chiunque altro nell’intero universo, meriti il tuo amore e il tuo affetto>>.


Autore: Lucrezia Abate


 
 
 

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