La galassia delle nuove destre
- Accorciamo le distanze
- 24 nov 2021
- Tempo di lettura: 5 min

Analogie e differenze con il passato in Europa
Le elezioni europee del maggio 2019 hanno confermato un trend di crescita dell’estrema destra apparentemente inarrestabile: un fenomeno senza precedenti dopo quello verificatosi negli anni ’30 del 1900. Questa espansione d’influenza supera il solo elettorato fedele ai partiti interessati, andando a contaminare la destra classica e i social-liberisti.
Ecco alcuni risultati delle recenti elezioni:
Austria | Österreichische Volkspartei | 35% voti |
Polonia | Prawo i Sprawiedliwość | 43% voti |
Francia | Ressemblement Nacional | 23,31% voti |
Germania | Alternative für Deutschland | 11% voti |
Italia | Lega | 34,35% voti |
Quando si parla di estrema destra, però, si tende ad accomunare la linea di pensiero odierna con quella del ventennio fascista (in Italia) e di tutti quei partiti e movimenti che si sono sviluppati all’interno del nostro continente nelle prime decadi del XX secolo. Ma è corretto farlo?
Gli anni ‘30 del XX secolo sono stati una decade guidata da due grandi potenze europee con a capo regimi totalitari e fascisti. Gli interessi della classe media odierna sono legati a tematiche diverse, in particolare al concetto di globalizzazione in ottica neoliberista ostile al nazionalismo economico, che rappresentava invece la base ideologica del fascismo del secolo scorso. Inoltre, in passato, l’opposizione antifascista, di qualsiasi tipo, era molto più forte e radicata territorialmente.
L’attuale estrema destra europea può davvero essere rappresentata come una galassia di partiti differenti tra loro: vi sono quelli apertamente neonazisti (come Alba dorata in Grecia), ma anche forze perfettamente operative all’interno del panorama europeo politico-istituzionale (come Unione democratica di centro in Svizzera). Se prendiamo questi due partiti come esempi di soggetti che si trovano agli antipodi di un immaginario spettro politico delle nuove destre europee, possiamo ben immaginare quante altre sfaccettature, similitudini e differenze possano riscontrarsi all’interno della miriade di altri partiti e movimenti, consolidati o nascenti, sul nostro continente. Tutte queste forze hanno in comune un nazionalismo caratterizzato da una strenua opposizione alla globalizzazione, al cosmopolitismo e a qualsiasi forma di unificazione europea. In più, caratteristiche comuni sono ancora: xenofobia, razzismo, odio per gli immigrati, anticomunismo e islamofobia (più recente cavallo di battaglia).
Spesso questi partiti rivendicano la necessità di mettere in pratica misure autoritarie come controllo poliziesco, implementazione delle sanzioni penali e reintroduzione della pena di morte; tutto per contrastare il senso di insicurezza percepito in maniera ipertrofica a causa delle grandi migrazioni e di altri fenomeni, come la crisi del mercato del lavoro. Questo orientamento spesso si accompagna a una retorica sociale (populista) che vuole correre in soccorso ai cittadini medi, semplici, utilizzando misure comunicative becere ma efficaci.
Vi sono altri temi importanti, come la democrazia parlamentare, il laicismo e l’omofobia, per i quali, invece, questi partiti non sono minimamente allineati.
Tutto questo ci fa capire come le dinamiche tra il passato e oggi siano differenti, ma attenzione: è giusto dire che il fascismo, e di conseguenza i movimenti antifascisti, siano ormai fenomeni da relegare al passato? Su questo argomento il dibattito è ancora aperto. Ovviamente, oggigiorno non vi è più la predominanza politica di grandi partiti fascisti di massa come il Partito Nazionale Fascista in Italia o il tedesco Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei. Però, per quanto poco si dica, non vi era neanche allora un allineamento completo di modelli dei grandi partiti fascisti. Possiamo dire che il modello italiano e quello tedesco erano simili, ma a loro volta non possono essere paragonati a quello portoghese o a quello di Jacques Doriot in Francia, ad esempio. In conclusione, sarebbe scorretto dire che non ci sono partiti fascisti attivi in Europa oggi, partendo dal presupposto che non esiste un equivalente esatto del nazionalsocialismo degli anni ’30.
Per una maggiore chiarezza possiamo tentare grossolanamente di distinguere i nuovi partiti europei di estrema destra in categorie:
1 - Partiti fascisti/neonazisti come Alba dorata, il Partito nazionaldemocratico tedesco e tanti altri, anche se con minor potere politico.
2 - Partiti semi-fascisti con radici fasciste, ma che non sono identificabili con il modello fascista classico: Front Nacional in Francia. Spesso i fondatori hanno legami con il fascismo storico mostrando apertamente la nostalgia al passato, ma c’è una modernizzazione interna volta a una presentazione pubblica che possa potenzialmente permettere al partito di entrare all’interno dell’arena politico-istituzionale.
3 - Partiti di estrema destra che non hanno origini fasciste, ma che condividono alcuni temi come: anti-immigrazione, islamofobia, xenofobia, razzismo. Esempi di questi partiti sono la Lega in Italia, lo Schweizerische Volkspartei in Svizzera e il Dansk Folkeparti in Danimarca.
4 - Partiti di estrema destra dell’est Europa e delle Repubbliche baltiche, che presentano caratteristiche comuni tra loro ma molto differenti dai partiti occidentali. La paura delle migrazioni è sostituita da quella per le minoranze nazionali ed etniche. Vi è un’ideologia violentemente anticomunista legata a doppio filo con la convinzione di reincarnare i partiti nazionalisti e fascisti passati (conniventi con il terzo Reich). In più, il fallimento di un’apertura economico-culturale verso occidente, sotto la guida di partiti di stampo social-democratico, ha favorito un irrobustimento dell’estremismo destrorso.
Ovviamente questa è una semplice tipologizzazione e la realtà delle cose è sempre più complicata. All’interno della galassia delle nuove destre esistono partiti che sembrano appartenere a più di una categoria riportata, se non a tutte. Questo avviene perché i nuovi partiti sono spesso impregnati di dinamismo e possono mutare in maniera relativamente veloce, passando da una tipologia a un’altra nel corso degli anni. È interessante capire come, nonostante le analogie ideologiche dei partiti di estrema destra, le politiche spesso non sono comuni e la loro omogeneità o disomogeneità dipende da un fattore fondamentale: l’inserimento o meno del partito all’interno del contesto istituzionale politico.
Mutamenti o meno, l’estrema destra è sempre stata e sempre sarà la principale minaccia alla democrazia, nonostante nella sua più recente evoluzione ha accettato, almeno apparentemente, la struttura istituzionale parlamentare e la presenza di un popolo “informato” e votante.
Perché quindi c’è un trend di crescita del consenso di questi partiti? Sicuramente una causa è il processo di globalizzazione in atto dagli anni ’90 che replica sistemi analoghi nel mondo e, di conseguenza, paure analoghe che spesso sfociano nella ricerca di radici e identità percepite come “autentiche” e creano tutta una serie di manifestazioni d’interesse che possono essere incasellate sotto il cappello delle destre estreme e delle loro rivendicazioni.
Non è da dimenticare, inoltre, la crisi economica del 2008 che ha sicuramente favorito a livello generale la destra, anche se ci sono importantissime eccezioni come Grecia, Spagna e Portogallo (i primi due sono i paesi più colpiti dalla crisi).
Sicuramente vi sono fattori storici che hanno contribuito a gettare le basi per un ritorno della destra, come una tradizione antisemita più diffusa in determinate aree e una cultura colonialista europea. Anche la situazione in Medio Oriente è un fattore che favorisce questi sviluppi. Il crescente antisemitismo di giovani musulmani si fonde con il terrore occidentale per i gruppi estremisti islamici e gli attacchi terroristici che fanno aumentare l’islamofobia.
Nessun gruppo sociale europeo è immune dallo tsunami estremista che si è abbattuto sul continente. Molte idee pericolose sono riuscite a contaminare una parte significativa della classe media, di disoccupati e anche di giovani. La sinistra nel suo complesso, tranne poche eccezioni, ne ha sottovalutato erroneamente il pericolo crescente e non ha pensato fosse necessario prendere alcun tipo di iniziativa in assetto antifascista, in quanto spesso l’ascesa dell’estrema destra viene ricondotta all’effetto negativo della crisi e della disoccupazione. Così facendo, è andata a escludere a priori il problema del fascismo come concetto e fenomeno. Questo ragionamento, puramente economicista, ha completamente disarmato la sinistra europea di fronte alle nuove logiche e problematiche nascenti.
Per combattere tutto questo è doveroso ispirarsi alle tradizioni antifasciste passate, ricordandoci però di modernizzarle per rispondere alle nuove domande poste, magari combinando insieme movimenti politici, culturali e sociali, attraverso una loro strutturazione stabile e organizzata, sia localmente che a livello europeo.
Spunti di lettura per approfondimenti:
Europe and right-wing nationalism: A country-by-country guide How the Far Right Became Europe’s New Normal
Prowe D., Classic' Fascism and the New Radical Right in Western Europe: Comparisons and Contrasts, Vol.3, No.3, Theme Issue: Race and Violence in Germany-and Europe, Nov.,1994, pp.289-313, Cambridge University Press
Autore: Giorgia Verderio
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