Chi è SARS-CoV-2?
- Accorciamo le distanze

- 3 dic 2019
- Tempo di lettura: 4 min

Informazioni utili sul virus che ha causato la pandemia
Molte informazioni saranno ben note al lettore, ma in questo articolo proponiamo un breve approfondimento sugli aspetti più scientifici della pandemia. Cercheremo di fornire dettagli che spesso sfuggono tra le molte notizie e di analizzare particolari meno conosciuti.
Cos’è SARS-CoV-2?
SARS-CoV-2 è il nome del virus che causa la patologia respiratoria denominata COVID-19 (COrona VIrus Disease 2019). Un virus è un’entità biologica costituita da un involucro che racchiude al suo interno l’informazione genetica necessaria per la sua replicazione. Per dare origine a nuove particelle virali il virus ha bisogno di infettare una cellula, trasferendo all’interno di quest’ultima l’informazione genetica che porta. SARS-CoV-2 agisce proprio in questo modo. Entra in contatto principalmente con le cellule polmonari tramite un recettore (ACE2) che àncora il virus alla cellula e poi la infetta trasferendo la sua informazione genetica e sfruttando gli strumenti che la cellula possiede per replicarsi. Durante questo processo la cellula muore e nuove particelle virali vengono generate.
Qual è la sua origine?
SARS-CoV-2 fa parte di una famiglia più ampia di coronavirus, chiamati in questo modo per il loro rivestimento a forma di corona. Buona parte dei coronavirus sono già conosciuti all’uomo e sono quelli che comunemente causano il raffreddore. SARS-CoV e MERS-CoV sono invece i virus di questa famiglia che in passato hanno causato rispettivamente l’epidemia del 2002-2003 in Asia e l’epidemia del 2009 in Medio Oriente; insieme a SARS-CoV-2 causano i disturbi respiratori più gravi. È molto improbabile che SARS-CoV-2 sia stato sviluppato in laboratorio: analizzando le informazioni genetiche che porta si riscontrano una serie di modifiche frutto di un processo di selezione naturale, difficile da sviluppare attraverso tecniche di laboratorio; inoltre non vi sono documenti che attestino lo studio di virus con le stesse caratteristiche di SARS-CoV-2. Al contrario virus che possiedono alcune delle peculiarità uniche di SARS-CoV-2 sono stati ritrovati nei pipistrelli e nei pangolini (altri animali spesso commercializzati e importati illegalmente in Cina). Per questo motivo è molto più accreditata l’ipotesi che un progenitore del virus SARS-CoV-2 si trovasse già negli animali e che delle modifiche, occorse naturalmente durante la diffusione del virus tra le specie, lo abbiano reso patogeno anche per l’uomo.
Cosa bisogna fare per proteggersi?
Buona parte dei virus che causano sindromi respiratorie si trasmettono per contatto diretto e indiretto; non avendo ancora a disposizione studi approfonditi sulla diffusione di SARS-CoV-2, ci basiamo sulle informazioni che abbiamo riguardo ad altri coronavirus e virus influenzali. Per questi casi il contagio si propaga anche attraverso le goccioline emesse da una persona infetta quando tossisce o parla. Esse possono avere diverse dimensioni: quelle più grosse cadono subito vicino alla fonte, mentre le altre possono permanere per più tempo nell’aria. L’utilizzo di mascherine da parte di pazienti infetti ha ridotto di molto, o quasi azzerato, il pericolo delle particelle virali nell’aria. Tra le precauzioni più utili sicuramente si annovera perciò la mascherina, in modo da evitare la diffusione del virus e proteggersi. Altre accortezze sono: lavarsi le mani spesso e a fondo, per eliminare qualsiasi traccia del virus, evitando il contatto con naso, bocca e occhi; cercare di mantenere una distanza adeguata dalle altre persone.
Ci sono le cure e quali sarebbero?
Sono allo studio, per la loro efficacia contro SARS-CoV-2, una serie di farmaci antivirali già utilizzati o di cui si conoscono già i profili di sicurezza, in modo tale da garantire un loro utilizzo in tempi brevi in caso si dimostrassero validi. Alcuni di essi sono già stati inseriti in protocolli di trattamento. Tra di essi troviamo anche la clorochina, un antimalarico e antiparassitario che ha dimostrato di avere anche una potenziale azione da antivirale. Un’alternativa all’utilizzo di questi farmaci è rappresentata dalle terapie immunologiche, in particolare l’impiego del plasma dei guariti che hanno sviluppato anticorpi contro il virus per aiutare i pazienti ancora gravi a combattere l’infezione. E’ in sperimentazione anche un altro farmaco: il Tocilizumab. Si tratta sempre di un anticorpo, già impiegato per la cura dell’artrite reumatoide e testato su alcuni pazienti affetti da COVID-19 con esiti positivi.
Esistono dei vaccini?
I vaccini hanno il compito di generare una memoria immunologica negli individui a cui vengono somministrati, ovvero permettere lo sviluppo di anticorpi che proteggano l’organismo in caso di contatto con agenti patogeni. Per raggiungere questo obiettivo i vaccini devono essere composti da patogeni attenuati o parte di essi, per stimolare un’immunità protettiva senza causare la malattia. In questo momento, vari gruppi di ricerca in tutto il mondo stanno testando svariate componenti di SARS-CoV-2 e di altri coronavirus per la loro capacità di determinare lo sviluppo di un’immunità efficace e specifica contro il virus. Tuttavia queste sperimentazioni richiedono molto tempo e risorse, oltre a metodiche che consentano la produzione del vaccino su ampia scala. Per questo motivo per almeno i prossimi anni non saremo in grado di vaccinare la popolazione mondiale contro SARS-CoV-2. Nel frattempo potrebbe essere utile, oltre a ricercare questo vaccino, svilupparne anche altri a più ampio spettro, ossia contro intere famiglie di virus: potrebbero essere utili nell’eventualità di future epidemie.
Quali sono gli aspetti comportamentali del caso?
Ancora molto c’è da scoprire su SARS-CoV-2 e non possediamo ancora una cura specifica o un vaccino, per cui è di vitale importanza limitare la diffusione del virus e agire responsabilmente, soprattutto quando parte delle attività riprenderanno e saremo costretti a convivere con esso. Oltre agli studi scientifici, risultano rilevanti anche le indagini sulla risposta psicologica e comportamentale delle persone. È sicuramente d’aiuto avere una visione comune del rischio; tutta la popolazione deve percepirlo ed agire di conseguenza: in questo modo anche le iniziative autonome che violano le buone norme non verranno sanzionate solo dalla legge, ma anche dal senso comune. Laddove vi siano delle preoccupazioni e delle difficoltà è necessario rilevarle e fornire il supporto necessario, affinché nessuno si senta abbandonato e tutti possano concentrarsi sull’obiettivo primario: superare questo periodo con il minor numero di vittime possibile.
Autore: Elisa Fusi


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