Meglio due idee di una sola mela
- Accorciamo le distanze

- 30 set 2020
- Tempo di lettura: 4 min

Riflessione personale sull’importanza della socializzazione intesa come opportunità e necessità per la nostra crescita personale e per il nostro sviluppo cerebrale
Sono in metropolitana, di ritorno a casa, circondata da facce stanche protette da mascherine e penso a quanto questa pandemia e la conseguente distanza forzata, ma in parte necessaria, tra le persone, abbia aumentato la diffidenza tra la gente. Guardo in volto gli sconosciuti del vagone, che prima si sorridevano timidamente tra una discesa e una salita dalla metro e ora si schivano col timore che l’altro sia infetto. Parliamo di una diffidenza in parte lecita, su questo siamo d’accordo, ma che mi ha portato ad allargare la prospettiva e considerare l’importanza della socialità e la difficoltà nella socializzazione al giorno d’oggi, al di là del periodo Covid-19.
Poniamo il caso che una persona A voglia semplicemente fare la conoscenza di una persona B. Fare la conoscenza di qualcuno è già un'espressione di cui ormai diffidiamo, essendo quasi totalmente in disuso. Preferiamo invece utilizzare altre locuzioni, quali per esempio sta uscendo con oppure si frequenta con, e già nella nostra mente si insinua il pensiero che l'intento di A e B è quello di frequentarsi o di fidanzarsi. Tutta l’atmosfera assume quindi di già un peso notevole e un’importanza specifica. Tale mentalità la ritroviamo anche nella maggior parte delle app di incontri, perché sono le prime a offrire un servizio mirato solo al raggiungimento della relazione romantica e/o fisica. Un'offerta di certo gradita, ma forse eccessivamente limitata. Trovo di sicuro ironica la contraddizione in termini: un'app di incontri in realtà non è adatta agli incontri, semmai agli appuntamenti. Al giorno d'oggi diamo tutti per scontato troppo spesso che, se qualcuno ci voglia conoscere, abbia un secondo fine o comunque uno scopo preciso, dimenticandoci e accantonando in un angolo il piacere della conoscenza stessa, per puro desiderio esplorativo. A me personalmente è capitato diverse volte di trovarmi di fronte a una persona interessante e sentire il desiderio di conoscerla, semplicemente di volerla scoprire, senza avere altri intenti. Parlo di una semplice e sana curiosità fine a se stessa: non voglio certo portarmi a letto tutti i nuovi conoscenti!
Tale volontà di conoscenza penso sia naturale e che appartenga in qualche modo a quella sfera di sensazioni che ci portiamo dentro da sempre: un istinto ancestrale che ci spinge ad essere animali sociali. L'interazione con i propri simili è di per sé tipica di tutti gli animali, ma attraverso il linguaggio l'uomo si distingue dalle altre specie e grazie a esso sviluppa relazioni più complesse, incrementando lo sviluppo cerebrale. Diversi studi hanno dimostrato che la mancanza di esse può influenzare negativamente la vita e la crescita di un essere umano: la socialità perciò è una priorità a livello culturale e psicologico, ma anche antropologico e biologico.
L'assenza di interazione può portare a un deficit tale da arrivare a casi estremi; esempi in merito sono forniti dalla letteratura: i famosi ragazzi selvaggi o ragazzi-lupo (Mowgli de “Il libro della giungla” per intenderci). A differenza di quello che si potrebbe pensare non si tratta solo di racconti fantastici o di un tema narrativo, ma di un fenomeno realmente accaduto sia in passato sia nei giorni nostri. Chiamati anche antropoidi parlanti, i ragazzi-lupo sono bambini vissuti per lunghi periodi in ambienti selvaggi, lontano dalla civiltà, totalmente isolati o, in alcuni casi, in compagnia di animali. Nell’ultimo trentennio il concetto dei ragazzi selvaggi è stato allargato anche a quella tipologia di bambini segregati e tenuti in ostaggio in luoghi privati, o nella propria casa, dai propri genitori o da chi si sarebbe dovuto prendere cura di loro. In entrambi i casi si tratta di esseri umani che nell’età infantile non sono potuti entrare in contatto con la propria specie e non hanno avuto modo di assorbire il comportamento e gli elementi culturali della società. È stato osservato che l’assenza totale di tali stimoli esterni ha portato questi ragazzini ad avere gravi difficoltà di riadattamento sociale, incapacità di parlare e in alcuni casi di assumere la posizione eretta.
Ovviamente parliamo di casi limite, ma ci aprono bene gli occhi sull’importanza per ognuno di noi di vivere a contatto con altri esseri umani. La scienza è giunta alla conclusione che lo sviluppo cerebrale, che ci ha permesso di evolverci da primati a uomini, sia aumentato sulla base della forte necessità di capire, comunicare, interpretare e prevedere come si sarebbero comportati i nostri simili.
L’isolamento sociale ha ripercussioni negative anche in età adulta e nella fase d’invecchiamento; diversi studi hanno dimostrato come le attività di socializzazione si dimostrino protettive rispetto all’insorgere di patologie neuro-degenerative, poiché permettono di ricevere una maggiore quantità di stimoli a livello cognitivo e di migliorare il tono dell’umore. L’interazione sociale è uno dei modi migliori per tenere in salute il nostro cervello, mantenerlo attivo, lontano dal declino cognitivo e dalla demenza.
Incontrare e conoscere persone, a qualsiasi età, ci mette in uno stato di continua attività: siamo davanti a un perpetuo flusso di stimoli, che dobbiamo recepire e sfruttare per adattare il comportamento alla nuova situazione che ci viene presentata. Senza pensare a condizioni esagerate, se una persona starnutisce, è solo elaborando i dati ricevuti dall'ambiente esterno che riusciamo a dire “salute”!
La socializzazione è dunque un'occasione di crescita e maturazione fisica della persona: lo dice la scienza! Io mi permetto di aggiungere che è come un viaggio alla scoperta di qualcosa di nuovo in merito a sé e agli altri, uno scambio che può promuovere l’evoluzione del singolo e di riflesso l’evoluzione della collettività. Le parole di George Bernard Shaw, scrittore e linguista irlandese, riflettono in maniera semplice e chiara la meravigliosa possibilità che ci regaliamo interagendo con l’altro:
“Se tu hai una mela e io ho una mela e ci scambiamo le nostre mele allora tu ed io avremo ancora una mela a testa. Ma se tu hai un’idea e io ho un’idea e ci scambiamo queste idee; allora ciascuno di noi avrà due idee.”
Autore: Lucrezia Abate


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