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- Accorciamo le distanze

- 13 mag 2020
- Tempo di lettura: 3 min

L’app gratuita che aiuta chi non vede, ma anche chi vuole aiutare il prossimo
Come volontaria in un centro contro la violenza sulle donne, riesco a fare la mia piccola parte anche in un momento come questo ma le persone che non hanno determinate competenze o che non sanno chi contattare per fare del volontariato, si sentono impotenti e inutili. Avendo scoperto Be My Eyes un po’ per caso, ho deciso che condividerne la conoscenza fosse un modo per aiutare gli altri a dare, a loro volta, una mano ma soprattutto ho pensato fosse utile per allargare la comunità virtuale di questa applicazione. Non ho scoperto nulla di nuovo. Be My Eyes è un’applicazione che esiste dal 2015. Creata da Hans Jørgen Wiber per aiutare persone non vedenti o, come nel caso di Wiber, ipovedenti, l’app è formata da una comunità globale di persone che non vedono e da volontari normo vedenti. Be My Eyes si serve della tecnologia e della connessione umana per portare la vista alle persone che non vedono. Il 15 gennaio 2015 l'app è stata rilasciata per iOS e nel giro di 24 ore ha avuto più di 10.000 utenti. La versione Android è stata rilasciata il 5 ottobre 2017.
Come Funziona Be My Eyes
Attraverso una video-chiamata i volontari forniscono agli utenti non vedenti e ipovedenti assistenza visiva per compiti che vanno dall'abbinamento dei colori, alla lettura di alcune istruzioni, fino alla preparazione della cena. Quando ci si registra sull’app, un video informativo spiega come la quantità di volontari pronti ad aiutare sia elevata e, per questo motivo, potremmo non ricevere chiamate per giorni o settimane. Il video invita a non preoccuparci se siamo impegnati quando riceviamo una chiamata perché sarà un altro volontario a rispondere al posto nostro. Inoltre non è necessario che l'app sia aperta per ricevere chiamate. Quando l'utente non vedente o ipovedente richiede assistenza attraverso l'app, Be My Eyes invia la notifica a diversi volontari. L'app collega il non vedente o ipovedente a un volontario normo vedente a seconda del fuso orario e della lingua selezionata (ce ne sono 180 disponibili e se ne possono selezionare più di una). Il primo volontario che risponde alla richiesta viene connesso con quello specifico utente non vedente. La connessione audio permette all'utente e al volontario di assolvere al compito insieme. Come riporta il sito di Be My Eyes, la dimensione massiccia della comunità di volontari comporta che la maggior parte delle chiamate trovi risposta in circa 30 secondi. Si può usare l’applicazione per tutto ciò che richiede assistenza visiva. Ecco alcuni esempi comuni che il sito riporta:
1. Trovare oggetti persi o caduti
2. Descrizioni di fotografie, dipinti o altri pezzi d'arte
3. Abbinare o descrivere colori
4. Leggere etichette
5. Risolvere i problemi del computer
6. Acquisto di generi alimentari
7. Identificare la data di scadenza del cibo
8. Familiarizzare con ambienti nuovi o muoversi in un posto nuovo
9. Distinguere fra diversi oggetti
10. Determinare arrivi e partenze dei trasporti pubblici
Le competenze che servono per aiutare una persona non vedente o ipovedente
Il bello dell’applicazione è che per aiutare non servono particolari competenze. Alcuni volontari hanno parenti o amici non vedenti ma per molti altri è Be My Eyes a permetterne il primo approccio. La cosa bella di quest’app è che il numero dei volontari è enormemente superiore a quello dei non vedenti; ad oggi si contano 3.722.760 volontari contro i 213.753 non vedenti e ogni giorno entrambi i numeri crescono sempre più. Ne consegue sia che gli utenti non vedenti si fidino in modo crescente dell’applicazione e di sconosciuti disposti a dar loro una mano, sia che aumenti il numero delle persone sensibili a questo tipo di disabilità. Quest’ultimo aspetto mi rende consapevole del potere dell’empatia che trascende la vicinanza fisica. In attesa della mia prima video-chiamata vi invito a scaricare l’app e a leggerne di più sul sito: https://www.bemyeyes.com/
Autore: Gaia Bonomelli (Ospite)
Classe 1995. Laureata in sociologia all'Università di Milano Bicocca, al momento si sta specializzando in editoria e comunicazione digitale e visiva all'Università di Bergamo. Collabora da alcuni anni per alcune testate locali e ha condotto un suo programma di notizie riguardanti la bassa bergamasca. È volontaria in un centro contro la violenza sulle donne. I suoi interessi spaziano da tutto ciò che riguarda la condizione femminile nel mondo, a tematiche sociologiche, fino al mondo del cinema, ai viaggi e allo sport.


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