Nutrizione: cosa comporta diventare vegano?
- Accorciamo le distanze

- 20 mag 2020
- Tempo di lettura: 3 min

Alcune considerazioni su questa scelta alimentare
Negli ultimi decenni il numero di persone che ha deciso di convertire la propria dieta a favore di un consumo elevato e talvolta esclusivo di vegetali è incrementato notevolmente. Questa tendenza è stata registrata prevalentemente nei paesi occidentali e ha portato alla commercializzazione di prodotti su misura per questi nuovi tipi di alimentazione. Le ragioni di una così ampia diffusione sono molteplici: implicazioni etiche nell’uccisione e sfruttamento di animali, una nuova spinta ecologica che mira a limitare il consumo di carne proveniente da allevamenti intensivi e l’adozione di uno stile di vita più sano che evita il consumo di grassi animali. Per prima cosa è d’obbligo una distinzione tra la dieta vegetariana, che include anche derivati animali tra cui uova, latticini e in alcuni casi il pesce, e la dieta vegana che comprende i soli vegetali.
Questi nuovi stili di vita hanno fatto sorgere una domanda spontanea: cosa comporta, in termini di assunzione di nutrienti, l’adozione di queste diete? Sebbene ad oggi soprattutto per la dieta vegana non siano presenti studi su lungo periodo, molti ricercatori hanno presentato risultati relativi all’assunzione di grassi e proteine confrontando individui onnivori, vegetariani e vegani. Uno dei dati più frequentemente riportato è la presenza, a parità di calorie assunte, di livelli minori di colesterolo e grassi saturi in individui vegani e vegetariani. Questi due elementi sono i maggiori responsabili di iperlipidemia e sindromi cardiovascolari ed è per questo motivo che una dieta ricca di verdura viene spesso consigliata a soggetti obesi che presentano questi tipi di disturbi.
Un pensiero comune è la convinzione che la dieta vegana limiti l’apporto di proteine necessario per il nostro organismo. Questa affermazione non è del tutto vera, studi recenti hanno affermato che l’apporto proteico giornaliero nei paesi occidentali è ben sopra il livello sufficiente per il nostro organismo, perciò una dieta vegana seppur in alcuni casi più povera di proteine può comunque fornire livelli adeguati di questo macronutriente. Si consiglia tuttavia di seguire una dieta vegana bilanciata, che includa svariate tipologie di vegetali, soprattutto legumi (molto ricchi di proteine) e consenta il giusto apporto di tutti gli amminoacidi essenziali che il nostro organismo non può produrre. Gli amminoacidi sono infatti i mattoncini che compongono le proteine e ne esistono di varie tipologie: alcuni possono essere prodotti dal nostro organismo e altri no e per questo motivo dobbiamo assumerli con l’alimentazione.
Tuttavia ci sono alcune mancanze a cui la dieta vegana soprattutto non può supplire; la vitamina B12 è una di queste. È contenuta perlopiù in prodotti animali, la sua assunzione deve perciò essere incrementata con integratori o cibi arricchiti. La sua produzione non si deve propriamente agli animali ma ai batteri che solitamente si trovano al loro interno. Le quantità di questa vitamina possono variare in base alle lavorazioni dei prodotti alimentari. Livelli insufficienti di questo micronutriente possono causare gravi anemie e problemi neurologici. Un altro fenomeno che si riscontra spesso in individui vegani e vegetariani è la carenza di ferro. Nelle piante la biodisponibilità di questo elemento è molto più bassa e la presenza di polifenoli e acido fitico, inibitori dell’assorbimento di ferro, contribuisce ancora di più a questa mancanza. In conclusione le diete vegetariane e vegane sono considerate sostenibili, seppur con la raccomandazione di integrare le eventuali carenze e di sospenderle nel caso di eventuali disturbi.
Il consiglio di mantenere una dieta varia e bilanciata, che permetta di assumere nelle quantità adeguate tutti i principali nutrienti, vale anche per gli onnivori e per qualsiasi individuo; ognuno poi scelga secondo coscienza quale alimentazione è meglio seguire.
Autore: Elisa Fusi


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