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Pink unicorns





È più difficile di quanto sembra scrivere di tematiche sociali da maschio bianco. Sono a favore della parità di genere sostanziale? Ma è chiaro. Il razzismo è ancora una tematica attuale anche nel nostro paese? Ma ovvio. Vorrei un referendum che renda illegale il ginseng e faccia sparire questa putrida bevanda dalla faccia della terra? Ma è quello che vogliamo tutti. Poi però c’è quella piccola vocina che ti ricorda che appartieni a quel “gruppo”, ragione per cui è necessario essere a favore di tali istanze, insomma…è un catch 22. D’altronde siamo in un periodo molto paradossale, che assume talvolta caratteri addirittura comici, in cui è il maschio bianco che si lamenta di essere discriminato, di essere emarginato e allontanato. Di conseguenza, chi si rende conto di tale contraddizione, si trova in una posizione di incertezza sul da farsi, su come comportarsi, e devo dire che a volte sembra di giocare al twister, non sapendo dove poggiare i piedi. Non mi stancherò mai di dirlo: io riguardo moltissime cose sono sinceramente dibattuto e spaesato, se non molto spesso puramente ignorante. Parto sempre da un’idea molto astratta di egualitarismo e poi cerco di prendere posizione. Sia chiaro: a mio parere sulle tematiche attuali, proprio perché attuali, il processo è molto difficile. Non solo, aggiungo che la certezza di molti fenomeni, da entrambe le parti, è abbastanza disarmante; come diceva il grande Zalone: “umiltà”, se quel so-tutto-io di Socrate ci ha insegnato qualcosa: “so di non sapere”.


Sono estremamente consapevole che risulta quasi pretenzioso assumere tali toni, paradossalmente scrivo partendo da tematiche sociali ma pongo come focus proprio il maschio bianco. Il motivo è però semplice: io sono un maschio bianco, non posso sicuramente cambiare (o meglio sulla prima potrei, ma sto bene così) e conosco solo questo punto di vista - mi ripetono dalla terza media che non saprò mai cosa vuol dire essere donna - quindi, mi sento intitolato nella tematica scelta. Senza contare che io, come molti altri maschi bianchi, soffro di un complesso di megalomania non indifferente. E quindi il mio non vuole essere un articolo volto a riporre il maschio bianco al centro di tutto, è ovvio per me che il focus sono le vere battaglie sociali per i veri discriminati, ma è comunque un aspetto dell’attualità, per quanto magari ritenuto da alcuni di minore rilevanza. Riassumo alla vulgata: “raga, al massimo non leggete sto articolo”. Voglio solo aggiungere però che magari anche questo taglio può regalarci delle riflessioni non totalmente da buttare, soprattutto se si parla di come il maschio bianco, spaesato, stia andando verso una deriva a volte anche preoccupante.


Dico un’ultima cosa, che il lettore non me ne voglia, però usare/vedere/sentire le parole “maschio bianco” hanno la stessa valenza per me di usare la parola “capitalismo” (ancor peggio se si usa tale parola dopo la domanda: "e di chi è la colpa?") in una conversazione: le ho usate e le ho sentite così tante volte che ormai mi danno alla testa, perdo interesse. Quindi per il resto dell’articolo invece di “maschio bianco” userò “unicorno rosa”. Perché? Perché mi va.


Dopo essermi egregiamente parato il culo (sentendomi come un qualsiasi autore classico basic), parliamo un po’ di unicorni rosa. Come ho già accennato questo giusto e fiero momento di realizzazione e lotta per avere un’uguaglianza sostanziale delle minoranze sta mettendo in ansia i vari unicorni rosa. Spodestati dal loro trono di glitter (per rimanere in tema unicorni), il come comportarsi e cosa pensare non è una questione da poco, l’ho ammesso anch’io. Però la cosa che noto è che moltissimi unicorni rosa, piuttosto che scegliere una posizione più aperta e penitente, sentendosi presi di mira (lo so, lo so, non sono loro le vittime, l’ho già detto, fammi finire, cazzo), si stanno ritirando in questa roccaforte a difesa della mascolinità e dell’essere rosa. Se parliamo di Sigma male? O ancor peggio del top G Andrew Tate? Perché tutto a un tratto Patrick Bateman di American Psycho è forse uno dei personaggi più amati dagli unicorni? Siamo umani, abbiamo paura, ci sentiamo attaccati e, per quanto sbagliato, molti di noi unicorni rosa si stanno rifugiando nel peggior posto possibile, assumendo idee e modelli totalmente nocivi. L’unicorno rosa è in crisi? Non ci si chiede cosa vuol dire o come fare, non ci si apre a un confronto, ma si preferisce l’estremizzazione negativa di tutto ciò. Il sigma male, il self-made man che se ne frega di donne e società, ma pensa solo ai soldi, in poche parole Andrew Tate (anche se sia nella realtà che nell’allegoria degli unicorni, lui non è così rosa), sta prendendo piede e sta cavalcando un’onda social gigante. So che citare instagram e tik tok sembra sminuire l’autorevolezza delle fonti di ricerca, ma viviamo ormai in tale dimensione: l’utilizzo è scontato. Il panorama digitale ci offre infatti numerosi esempi di questa tendenza, sia a livello individuale sia collettivo.


Prendiamo il femminismo. Un fattore fondamentale è come gli unicorni molto spesso ne abbiano una visione distorta. Se andassi a chiedere a un prototipo di unicorno se è femminista, sono sicuro che al 90% mi risponderebbe negativamente. La figura della femminista è associata ad una ragazza dai capelli blu perennemente incazzata che urla odio verso gli unicorni e il potere costituito. Partendo dal fatto che personalmente trovo che la ragazza abbia tutto il diritto di essere perennemente incazzata (permettetemi almeno questo livello di immedesimazione), trasmette un’idea falsata agli unicorni, i quali si sentono così giustificati a condannare lei, ciò che rappresenta e i suoi ideali. Tale raffigurazione è ovviamente però fortemente sostenuta e diffusa dai media (nuovi e vecchi): valorizzare solo personaggi squilibrati e magari effettivamente estremisti del panorama femminista fa ovviamente comodo alla controparte, che si rafforza facilmente, e ai media stessi, che così hanno materiale di attualità su cui spendere articoli, interviste, dibattiti.


È molto interessante anche tutta la discussione intorno alla teoria gender, di cui io però ritengo di essere ignorante e non molto informato, infatti, non mi prolungherò. Vedo sempre più spesso dibattiti su social e televisione tra un prototipo di femminista stereotipata (appena descritto) e una controparte unicornesca. Il focus è sempre l’effettiva veridicità delle teorie gender, dove la prima in modo sconclusionato e rabbioso si scontra con l’unicorno che difende i sani principi di una società scientifica. Lasciando stare il tema della veridicità, cosa accade qui? Un unicorno (ma non solo) che assiste a tale scena avrà subito antipatia verso il difensore della teoria gender, prettamente per il suo modo confusionario e iroso e senza effettivamente andare a dimostrare una sua certa logica, mentre la controparte, calma e capace retoricamente, farà la figura della persona razionale e nel giusto. Sto riducendo la situazione ad un problema di immagine, me ne rendo conto, ma non bisogna sottovalutare tale dimensione. È ovvio che l’incontro è “pilotato”, è scontato che esistano esponenti femministe in grado di esprimere con forma e raziocinio i propri ideali, ma questo non si vede spesso, in particolare nei piani alti della comunicazione o dei social. Fino a quando reti, piattaforme e media incanaleranno tali dibattiti costruiti per respingere nuove istanze sociali, femminismo o LGBTQ+, l’idea collettiva generale, soprattutto tra gli unicorni, rimarrà invariata, se non peggio. L’obiettivo principale è sempre lo stesso: bisogna convincere gli unicorni, altrimenti non si va da nessuna parte.


In realtà non sono solo gli unicorni, anche parte del mondo femminile sembra prendere questa deriva, per quanto contradditoria e controproducente possa essere. Sono sempre di più le donne che ripudiano l’etichetta “femminista”, solo per timore verso la nuova valenza della parola, e il fatto che queste pick-me girls si uniformino a tale forma di supermachismo è veramente deprecabile, ma fondamentalmente stupido. Ovvio che suddetto fenomeno non sia maggioritario, lo spero, anzi è sempre frutto dello stesso meccanismo di valorizzazione di materiale falsato da parte dei media. Faccio un esempio. Mi appare sempre questo estratto di una ragazza che ad un podcast americano ritiene che il segreto di una relazione perfetta è che la donna debba: fare pompini, cucinare e dare spazio all’unicorno. Il problema evidente è che ha appena descritto non una relazione, ma un rapporto tra un unicorno e una prostituta/casalinga. Inconsapevolmente, quasi per poter avere una buona immagine per il popolo unicornesco, si è appena totalmente oggettificata da sola. Il confine tra realtà e personaggio è labile, ma non si giustifica; anzi, a maggior ragione il messaggio, magari per la ragazza pure in fondo falso, è umiliante e degradante.


La percezione falsata non si attua solo per certe tematiche, ma anche per i modelli di uomini. Cito con due parole il caso specifico di Andrew Tate e di Patrick Bateman.

Il top G è sicuramente un fenomeno da baraccone, all’inizio sono sicuro che in grandissima parte era un personaggio creato proprio per accaparrarsi un seguito di unicorni smarriti. Il problema, come se questo non lo fosse già, è che quando poi il tutto comincia ad avere successo, anche qui il confine tra persona e personaggio è sfuocato, e sono certo che ormai Andrew sia convinto di essere un dio sceso in terra e dei suoi ideali. Quali ideali? Un maschilismo evidente, senza giri di parole, agghiacciante. Una cattiveria contornata da una calma disarmante e una forte convinzione. Poi ci si chiede come mai viene arrestato per traffico di umani (una delle poche volte che spero nella giustizia). Da un punto di vista liberale e individualista, se ci appelliamo alla libertà di pensiero e opinione, ognuno potrebbe dire ciò che vuole, incluso le baggianate di Tate. C’è però quel piccolo asterisco del discorso d’odio. Molti si sono dibattuti a riguardo, io sono fermamente convinto che Andrew Tate faccia discorsi d’odio contro donne e LGBTQ+. Credo nella censura? Dovremmo Trumparlo dai social? Dipende da cosa crediate, io non sono sicuro che la censura abbia un’effettiva funzionalità, ma non mi dispiacerebbe vederlo cancellato dai social. Un piccolo appello agli unicorni ambigui che capiscono che i suoi modi strafottenti sono eccessivi, ma che in qualche maniera giustificano ciò che fa e trasmette per ragioni di business: e sti cazzi dico io, non tutto gira intorno al grano! Non si riesce a capire come questo personaggio, come molti altri, stia influenzando anche piccoli unicorni che hanno solo i social come strumento di conoscenza del mondo. Facile usare la bandiera della libertà civile e di espressione, facile quanto sbagliato in questo caso.


Infine Patrick Bateman, personaggio fittizio e protagonista del film “american Psycho” (attenzione spoiler); ultimamente il film sta sviluppando tra gli unicorni peccatori un cult following: lo vedono come l’alter ego immaginario di Andrew Tate. Ecco, lasciatemi dire che questo è un incredibile autogol e chi ammira tale personaggio fa la figura dell’imbecille. Bateman è tutt’altro che un sigma male, è un completo sfigato. Lavora in una big corporation solo perché è raccomandato e i suoi colleghi non si ricordano mai il suo nome, come mai? Perché è uno sfigato, è un perdente senza abilità né lodi, una persona così anonima da perdere significato, e dopo aver ucciso il suo rivale (persona di successo), si impersona nella vittima, vuole essere disperatamente lui. Senza contare che poi va a puttane e le uccide pure, è un serial killer, come cavolo si fa a idolatrare un personaggio del genere? Posso capire il fascino dell’antieroe, del villain, del sadico, ma qui si parla di impersonificare.


Qual è la conclusione di tutto questo discorso? L’obiettivo era quello di fotografare un aspetto drammatico della realtà che vedo sempre di più diffondersi nella società di unicorni. Cosa fare? Bella domanda, a me non tocca rispondere d’altronde sono e sarò sempre un unicorno rosa.




 

Autore: Alessandro Mastrosanti




 
 
 

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