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Rivoluzione digitale


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Breve approfondimento sulla differenza tra analogico e digitale


Chi tra le nuove generazioni non ha mai sentito parlare dei vecchi giradischi, della TV in bianco e nero a singolo canale oppure delle enciclopedie usate a scuola per le ricerche? Sicuramente, soprattutto per gli appartenenti alla generazione Z (nati dalla seconda metà degli anni 90 in poi), questi strumenti sono quasi sconosciuti e praticamente inutilizzati, soppiantati dalle nuove tecnologie che la rivoluzione digitale ha portato con sé. La musica non si trova più incisa su dischi in vinile ma in formato digitale, ascoltabile da tutti anche tramite app; la TV ha infiniti canali e fornisce immagini in alta definizione; tutte le informazioni per le ricerche scolastiche si trovano su internet con un clic sullo smartphone.


È innegabile che il fenomeno rivoluzione digitale ha apportato enormi cambiamenti, interessando tantissimi aspetti della vita quotidiana e dei nostri comportamenti. Pur trattandosi di “rivoluzione”, il cambiamento non è stato repentino, ma un processo graduale che, a partire dagli anni ‘50, ha permesso il passaggio da una tecnologia meccanica e analogica a una di tipo digitale. La prima differenza risiede proprio nell’etimologia dei due termini: la parola analogico risale al greco antico e significa “formato per analogia”; digitale deriva dall’inglese “digit” che significa cifra. Nello specifico il segnale analogico è “la rappresentazione di una grandezza fisica tramite una sua analoga”, ovvero è un segnale che imita l’andamento della grandezza fisica originale che si vuole registrare (suono, luminosità etc..). Ad esempio, la colonnina di mercurio nei termometri è una rappresentazione analogica della temperatura, in quanto la sua altezza rispecchia in ogni momento il valore reale della temperatura di un ambiente o di un corpo e riproduce anche visivamente il suo alzarsi o abbassarsi. Il segnale digitale è invece “discreto”, ovvero contiene solo alcuni valori tra le variazioni della grandezza fisica: rappresenta quindi un’approssimazione. Inoltre non riflette l’andamento della componente originale, in quanto traduce i valori in sequenze di cifre del codice binario (0 e 1). Queste ultime vengono poi trasformate dai computer in impulsi elettrici che guidano la loro riproduzione attraverso lo schermo o le casse del dispositivo. Riprendendo l’esempio precedente, i nuovi termometri digitali, o i termoscanner, rappresentano la temperatura in numeri (ex. 37,1-37,2) senza i valori intermedi, quindi nella maggior parte dei casi sono delle approssimazioni del valore reale.


La stessa logica di conversione avviene anche per le registrazioni audio, i video e i testi. Sarà lecito quindi pensare che il prodotto analogico sia più autentico e rispecchi di più la fonte originale. In realtà l’evoluzione del digitale e le alte risoluzioni rendono impercettibili le differenze; inoltre l’analogico, essendo impresso su supporti materiali, è inevitabilmente condannato all’usura che nel tempo rovina la riproduzione (foto ingiallite, dischi rovinati). Altro vantaggio dell’introduzione del digitale è la capacità di poter trasmettere segnali di varia natura (audio, video etc..) come un unico flusso di informazioni sotto forma di codice binario, senza dover utilizzare apparati diversi per ogni specifico dato. La rappresentazione di una grandezza fisica tramite una serie numerica ha poi semplificato molte altre operazioni tra cui: la compressione del segnale, la correzione degli errori e la crittografia. Ad oggi, è quindi possibile avere anche solo un dispositivo di dimensioni modeste per immagazzinare e riprodurre una grande quantità di segnali differenti con una buona qualità, proteggendo allo stesso tempo da un uso improprio le informazioni contenute.


Se uno dei grandi meriti di questo progresso è stato quello perciò di averci facilitato la vita, dall’altra parte ci ha reso spesso dipendenti dalle nuove tecnologie e a volte anche impreparati ad affrontare i problemi senza il loro utilizzo. Sebbene per molti servizi bancari e sanitari l’utilizzo del digitale sia diventato indispensabile, per i piccoli impegni quotidiani potremmo ancora fare affidamento sulla nostra mente, senza chiedere a Google di indicarci la strada. Privi del nostro smartphone ci sentiamo invece persi: non ricordiamo i numeri di telefono, non sappiamo orientarci su percorsi sconosciuti e ci dimentichiamo gli appuntamenti. Anche nello scattare fotografie e girare filmati il digitale ci ha impigriti: fotografiamo e filmiamo a ripetizione fino a ottenere il risultato sperato, senza avere la pazienza di studiare l’inquadratura e la luce perfetta. Si potrebbe dire, alla fine, che abbiamo solo fortuna! Molti professionisti, nonostante elogino il digitale per la sua praticità e immediatezza, sostengono che la fotografia analogica sviluppi particolari capacità tecniche e sensibilità, perché appunto insegna a valutare le condizioni prima dello scatto.


Da tutti questi elementi possiamo convenire che la tecnologia è sì un valido supporto, ormai necessario al nostro sostentamento, ma anche la conoscenza e la preparazione non sono da meno! Rimane sempre importante sapersela cavare anche senza l’aiuto del digitale e in molti casi, per imparare i trucchi del mestiere, è ancora necessario passare per la gavetta e forse anche per l’analogico!





Autore: Elisa Fusi


 
 
 

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