Stiamo vivendo nell’ infosfera come cyborgs, e non lo sappiamo
- Accorciamo le distanze

- 14 apr 2021
- Tempo di lettura: 7 min

Verso una nuova consapevolezza del nostro tempo
La ricerca tecnologica sembra creare, senza soluzione di continuità, nuove “sinapsi” di un’unica grande mente: quella sfera dell’informazione nella quale ormai, quasi tutti, viviamo.
Filosofo e professore di etica ad Oxford, Luciano Floridi mette sotto una nuova luce la vita del nostro tempo, nella quale l’uomo è sempre più coinquilino - non più “landlord” - di un mondo regolato, gestito e vissuto nell’ “infosfera”. I dualismi sostenuti fino ad oggi tra artificiale/naturale, uomo/macchina, online/offline sono sempre meno rilevanti, sotto il segno di un’era dell’informazione che privilegia le interazioni tra gli individui a scapito dei singoli. Proprio per questo, gli strumenti per mezzo dei quali interagiamo ed agiamo all’interno dell’ “infosfera”, sono diventati indispensabili alla nostra vita quotidiana avvicinandoci, oggi più che mai, al concetto di cyborg teorizzato da Donna Haraway negli anni Ottanta del secolo scorso.
Quarta rivoluzione
La nostra vita quotidiana è in continuo, necessario e affannoso aggiornamento. La maggioranza di noi sa con certezza di essere costantemente sottoposto ad enormi quantità di informazioni durante l’arco della giornata.
In senso lato, l’informazione è una notizia, dato o elemento che consente di avere conoscenza di fatti, situazioni, modi di essere e con il termine si può fare riferimento anche alla trasmissione dei dati e all’insieme delle strutture che la consentono.
In senso stretto, nel contesto della rivoluzione teorizzata da Floridi, l’espressione “tecnologia dell’informazione” è la traduzione italiana di “information technology”, utilizzata comunemente per indicare l’insieme di tutte le tecnologie relative ad hardware, software, alla creazione di reti e a tutto ciò che riguarda il digitale. In genere è indicata con l’acronimo ICT (information and communications technology), che rivela lo stretto legame esistente fra tecnologia dell’informazione e trasferimento dei dati.
Nonostante possano sembrare descrizioni esaustive, queste inquadrano solo in parte quello che l’ICT rappresenta per la società d’oggi. L’informazione, è alla base della colossale trasformazione della quale siamo testimoni ed attori e che non eccessivo definire rivoluzionaria.
“La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta cambiando il mondo” è il titolo dell’opera di Luciano Floridi.
Nel contesto del continuum evolutivo delle ICT, Floridi rileva una rivoluzione vera e propria, che si accoda alle precedenti tre, riconosciute come tali secondo la classificazione suggerita da Sigmund Freud:
la prima, quella copernicana, ha smontato la concezione antropocentrica dell’universo; la seconda, figlia di Darwin, inserisce l’uomo nel processo di evoluzione caratterizzato dalla selezione naturale, riducendolo al pari di un animale; la terza è proprio quella dello psicoanalista austriaco, che consiste nella perdita di integrità da parte del soggetto, diviso tra conscio ed inconscio.
La quarta rivoluzione nasce con Alan Turing ed il computer. Difatti, con l’invenzione del “calcolatore”, il ruolo dell’uomo nell’interpretazione, elaborazione e memoria informazionale è stato ridotto nel tempo. In particolare, l’incrocio tra tecnologia informatica e tecnologia delle telecomunicazioni negli anni ’70, l’avvento dei PC negli anni ’80 e la definitiva diffusione del World-Wide-Web alla fine del secolo scorso, gettarono le basi per la trasformazione digitale che sperimentiamo oggi.
L’Infosfera
Floridi sostiene che “[..] le ICT stanno mutando la natura vera e propria, e in tal senso, il significato stesso della realtà, trasformandola in un’infosfera”.
“Info” informazione, “sfera” spazio. Questo vocabolo viene utilizzato per definire l’ambiente entro il quale avviene il fitto scambio di informazioni in cui si svolge una parte sempre più consistente della nostra vita.
Il termine “può essere utilizzato anche come sinonimo di realtà, laddove interpretiamo quest’ultima in termini informazionali. In tal caso, l’idea è che ciò che è reale è informazionale e ciò che è informazionale è reale” riprendendo la celebre formula hegeliana «Ciò che è reale è razionale, ciò che è razionale è reale».
L’infosfera è quindi da considerarsi un vero e proprio ecosistema all’interno del quale viviamo, un ambiente digitale che trova sempre più campo di applicazione a scapito di quello analogico. Come si evince dal saggio stesso, l’intenzione di Floridi è quella di scardinare la contrapposizione che vede le esperienze offline come le sole veramente autentiche e la vita online, artificiale e distante.
Unendo i termini di “online life”, “onlife” è il risultato. Questo è il termine coniato ne “La quarta rivoluzione” che da nuova consistenza alle nostre vite connesse.
Preistoria, storia, iperstoria
La generazione dei Millennials si è trovata a comprendere ed abbracciare una trasformazione epocale che, oltre ad un nuovo habitat, ha sancito anche la nascita di una nuova epoca, dopo preistoria e storia. Se la preistoria è caratterizzata dalla mancanza di una trasmissione puntuale delle informazioni a causa dell’assenza della scrittura, la storia è invece l’epoca durante la quale, grazie alle comunicazioni scritte, le informazioni iniziano a circolare, rendendo possibile la nascita delle leggi, di commerci sempre più complessi e la trasmissione del sapere di generazione in generazione.
Nei manuali si indica la fine della preistoria e l’inizio della storia quando l’umanità inventa la scrittura per registrare il presente per un consumo futuro e sappiamo che almeno in quattro luoghi si è giunti alla stessa soluzione in tempi diversi e indipendenti l’uno dall’altro: in Mesopotamia, Egitto, Cina e Mesoamerica, rispettivamente tra il 3400 ed il 3100 a.C., intorno al 3250 a.C., 2000 a.C. e 650 a.C..
Dopo millenni, siamo giunti all’iperstoria. Questa è un’epoca caratterizzata da una fitta rete informazionale e differisce dalla storia per essere palcoscenico temporale della vita nell’infosfera, in cui lo scambio di informazioni non è un’opzione, ma è fondamentale nella vita quotidiana di ognuno.
Cosa programma chi?
In uno scenario nel quale le interazioni hanno maggiore rilevanza dei singoli ed il confine tra vita online ed offline è sempre più labile, può l’uomo manipolare i meccanismi tecnologici senza che questi lo modifichino?
Affinché le self driving cars possano davvero un giorno circolare per le città, alcuni esperti di intelligenza artificiale hanno proposto di ripensare le città affinché siano adattate alle auto autonome, cioè “[..] non stiamo costruendo un’auto autonoma che sa guidare nel mondo, ma un mondo all’interno del quale l’auto autonoma può guidare”
Gli smart speakers sono un altro esempio. Alexa o Siri non sono davvero in grado di capirci ma siamo noi che abbiamo imparato a rivolgerci alla macchina in una maniera schematica, priva di ambiguità che invece contraddistinguono il linguaggio umano. È l’unico modo per essere da loro compresi. Ciò che rende lo scambio possibile è quindi il fatto che noi stiamo imparando a parlare come una macchina, non viceversa. In un certo senso, è Alexa che ci sta addestrando. Questo significa che non siamo solo degli attori che cambiano il mondo attraverso la tecnologia, ma anche soggetti che vengono trasformati dalla tecnologia digitale stessa.
Lo smartphone è senza dubbio lo strumento che racchiude l’avanguardia dalle grandi società tecnologiche mondiali. Probabilmente abbiamo buona consapevolezza dell’ampio utilizzo che ne facciamo ma è altrettanto probabile che non ci sia facile riconoscere questo strumento come parte di noi stessi.
I nuovi cyborg
Oggi trasportiamo “protesi cerebrali” che contengono ricordi, dati e storie che ci riguardano, ruolo che un tempo era destinato a fotografie sviluppate e conservate gelosamente in qualche scatola nell’armadio, ad agende scritte a penna e diari riempiti di pensieri a fine giornata, una volta rientrati a casa.
Potremmo rientrare a pieno titolo nella categoria dei “fyborgs” , termine teorizzato da Alexander Chislenko, abbreviando "functional cyborg” e che identifica un individuo potenziato tramite estensioni meccaniche ed elettroniche non innestate nel corpo, ad esempio occhiali, auricolari o telefoni.
Nonostante sia passato poco più di un quarto di secolo da quando fu coniato il termine nel 1995, gli sviluppi in ambito digitale ed informatico sono stati enormi.
Il progresso tecnologico e digitale ha raggiunto importanti traguardi anche in ambito biomedico, con l’invenzione di protesi in titanio e leghe sempre più resistenti e compatibili all’organismo, con sistemi di recupero visivo ed uditivo impensabili fino ad un paio di decenni fa. Addirittura la pelle, gli organi ed i tessuti umani sono parzialmente riproducibili con materiali a base di cellule staminali.
Questi sono solo pochi esempi di come la scienza sia penetrata nel quotidiano e abbia trasformato la vita dell'uomo moderno.
L’intelligenza artificiale ed il suo campo d’applicazione biologico hanno influenzato la concezione del corpo, che diventa un territorio di sperimentazione e manipolazione, smettendo dunque di essere inalterato e inviolabile.
L’uomo cerca di riprodurre ciò che conosce, incluso se stesso, attraverso la progettazione di umanoidi e robot con movenze sempre più simili al mondo naturale e dall’altra parte cerca di creare devices tecnologici utili a se stesso, affondando radici via via più profonde nella cibernetica*.
Il termine cyborg (fusione di “cybernetic” ed “organism”) indica un essere derivato dalla fusione di parti di corpo umano con parti meccaniche ed elettroniche. Nell'immaginario fantascientifico è un essere al confine tra uomo e macchina grazie alla capacità dei suoi innesti di comunicare attivamente con l'organismo, che risulta dunque, costituito da elementi artificiali.
Una delle più lucide pensatrici in merito è stata Donna Haraway, filosofa e docente statunitense, che introduce nel saggio “Manifesto cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo” , la teoria cyborg.
Il pensiero della Haraway è fondato sullo studio delle implicazioni della tecnologia e della scienza sulla vita dell'uomo moderno. La cultura occidentale è sempre stata caratterizzata da una struttura binaria ruotante intorno a coppie di categorie come uomo/donna, naturale/artificiale, corpo/mente, online/offline – assecondando il pensiero di Floridi.
La teoria di Haraway ci permette di comprendere come la pretesa naturalità dell'uomo sia in effetti solo una costruzione culturale poiché, attraverso la lente della tecnologia, tutti siamo esseri ibridi, cyborgs: se il corpo può venire trasformato e gestito, cade il mito che lo vede come sede di una naturalità opposta alla artificialità e viene così invalidato il sistema di pensiero occidentale incentrato sulla contrapposizione di due elementi antitetici. Ciò significa che non possiamo più pensare all'uomo in termini esclusivamente biologici.
In definitiva, giungere alla consapevolezza di un nuova identità e di un nuovo – non – luogo informazionale, può portare a riflessioni contrastanti: da una parte la coscienza dell’infosfera, territorio del quale dovremo comprenderne la vastità e fertilità e dall’altra lo sgretolamento dei dualismi assiomatici alla base della nostra cultura attraverso il riconoscimento di essere organismi più fluidi di quello che credevamo.
* Disciplina che si occupa dello studio unitario dei processi riguardanti «la comunicazione e il controllo nell’animale e nella macchina» (secondo la definizione di N. Wiener, 1947) – Enciclopedia Treccani
Bibliografia:
“A cyborg Manifesto” Socialist review 1985 di Donna Haraway
“La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo” Cortina, Milano 2017 di Luciano Floridi
Sitografia:
Enciclopedia Treccani
Rubrica “notedipastoralegiovanile.it” – Floridi e l’infosfera
Autore: Riccardo Brioschi


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