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Sul black humor


Così black che raccoglie cotone e rappa


Penso di essere una persona abbastanza aperta. Non sono razzista, sono per l’assoluta parità dei sessi, sono totalmente a favore delle adozioni gay e qualche volta, se sono particolarmente preso bene, non butto la cartaccia per terra.


Anch’io, però, devo ammettere che a volte ho un bisogno irrefrenabile di sfogare la mia cattiveria interiore. É la natura umana (del mio essere uomo bianco), non malvagità. Dopo svariati anni in cui senti ripetere la solita retorica egualitaria, per quanto giusta sia, ti annoia e anzi quasi ti infastidisce. È in questi momenti infatti che capisci cosa potesse provare Hitler nel primo dopo guerra. Come fai allora a sfogarti? Sicuramente non prendi a calci un disabile urlandogli “scherzo della natura”, né dai inizio ad un genocidio - cosa d’altronde comune a noi bianchi quando la società ci mette sotto pressione. Ma questo sarebbe sbagliato moralmente e francamente anche un po’ preoccupante. Con questo non dico di non averci pensato qualche volta in preda alle emozioni più estreme. D’altronde a tutti noi succede: anche il più buono cede al pensiero più distorto. L’importante è che rimanga un pensiero, l’importante è che la ragione abbia la meglio per riportarti sulla retta via. Allora, per evitare di impazzire, hai bisogno di rintanarti in uno spettacolo di stand-up comedy su Netflix, o scrollare meme su Instagram, o ancora guardare un film di Woody Allen o dei Monty Python. È infatti nell’umorismo dissacrante e volutamente sgradevole, senza alcuna riserva sulle regole morali e di buon gusto, spinto ogni volta all’esagerazione, che una brava persona trova la pace interiore nella società di oggi. Il ridere diventa un’altra cosa, è un ridere ragionato, non è becero. Ti diverti sapendo che tu quelle cose orribili non le pensi e dall’altra parte il comico o lo sceneggiatore quasi ti sfida a non impressionarti per la battuta, testando la tua capacità di saper godere di essa senza risultare insensibile e nemico dell’umanità. Possiamo quindi vedere nel black humor una forma nuova di catarsi, una purificazione causata non dall’elemento tragico, bensì comico e irriverente.


Eccezionale il celebre spezzone di Louis C.K. “Certamente… ma forse?” che racchiude perfettamente questo nostro bisogno di poter esprimere e sfogare tutti i nostri pensieri più reconditi e perversi. Secondo lui, infatti, all’interno di noi c’è la parte del certamente, la parte razionale, e la parte del ma forse, dove rinchiudiamo tutti i nostri più terribili pensieri. “certamente se stai difendendo la patria in guerra e vieni ucciso è una grandissima tragedia… ma forse se prendi un fucile e vai a sparare in un altro paese, morire non suona neanche così strano”. O ancora “certamente i bambini con l’allergia alle noci devono essere tutelati… ma forse, se ti basta toccare una noce per morire, allora meriti la prematura dipartita”. Esilarante vero? Peccato che, nonostante il suo talento innato, si sia segato - senza consenso - davanti a 5 attrici, quel porco depravato.


Purtroppo però il black humor è come il cibo, non tutti possono permetterselo. Un appassionato come me - di black humor, non di cibo - infatti viene spesso visto male dal retrogrado a cui non piacciono le battute sulla morte, oppure dalla nazi-femminista che mi vede ridere per un commento provocatorio sull’innata capacità femminile nello stirare le camicie. Per il primo sono un moccioso che non ha rispetto delle basilari regole sociali, per la seconda sono un maschilista che puntualizza che non c'è nessuno meglio di lei a stirare. Qual è la verità? Hanno torto entrambi, sono entrambe personalità così chiuse da non riuscire a concepire un umorismo che non guarda in faccia a nessuno e che in realtà non ha come obiettivo insultare o deridere le persone, ma sdoganare un argomento importante e serio come può essere la morte o la parità dei generi.


Infatti, oltre allo sfogo, l’altro grande pregio del black humor è proprio questa apertura attraverso una comicità estrema su problemi che riguardano la nostra società, per spingere colui che ascolta a ragionare in modo serio su tematiche difficili. Infatti i vari comici non sono ovviamente a favore della discriminazione di questa o quella categoria sociale, ma riprendono le tematiche irrisolte nella società. Non bisogna chiedersi perché si sta prendendo in giro lo stereotipo dell’afro-americano o dell’ebreo, ma perché la comicità attinga a questi determinati ambiti per costruire i suoi numeri. La risposta è perché sono ancora argomenti attuali su cui è necessario parlare per renderli evidenti ed oggetto di discussione. Abbiamo tutti paura della morte e affrontare questa paura talvolta risulta difficile, ma un’alternativa comica può sdoganare il tabù, permettendoci di ridere in quei contesti in cui il perbenismo sociale ci, ci costringerebbe a un silenzio inerme. Meglio ridere che compatire.

Bill Burr, altro celebre stand-up comedian in questo spezzone deride fino allo sfinimento la figura della first lady. Afferma che non sia un lavoro e che sia invece una figura totalmente marginale, nonostante molte volte le sia lasciato fin troppo spazio nei media. Il caso più emblematico è quello di Michelle Obama, sempre stata presente e molto attiva all’interno della società americana. La derisione sicuramente è molesta ed esagerata, ma Burr cosa ci vuole dire? Innanzitutto provoca. Provoca magari le donne in sala, insultando la povera Michelle, cercando di capire se anche loro possano ridere di una figura tutta al femminile. Ma soprattutto vuole dire al pubblico che nel 2020, l’ambizione più alta di una donna sembra essere il ruolo marginale di first lady. Invece la società americana si dovrebbe adoperare per far sì che proprio una donna, relegata a questa figura, possa occupare a pieno titolo - e non solo come ‘moglie del Presidente’ - la Casa Bianca.


Finora ho espresso i motivi, l’utilizzo e il conseguente scopo terapeutico del black humor. Tuttavia non è tutto rose e fiori. Questo genere di comicità così estremo, infatti, risulta facilmente fraintendibile. A volte la mancanza di una premessa del comico o scrittore può portare a contrasti e critiche (le prime tre righe dell’articolo dimostrano come anch’io abbia paura di possibili ritorsioni). I fraintendimenti però sono il più delle volte a carico del pubblico, ignorante del genere a cui sta assistendo, molte volte carico di tabù sociali che precludono non solo la risata, ma anche una possibile soluzione per tali convenzioni sociali. Proprio l’incognita del pubblico, e quindi della reazione della società, rende il black humor molto criticato. Da una parte è bene evidenziare la natura di questa comicità, ricordando che si parla semplicemente di battute scomode. Dall’altra, però, la conseguenza principale è che lo rende un genere di nicchia, apprezzato da una piccola cerchia di radical chic o intellettualoidi di sinistra. Questo tipo di umorismo, infatti, non ha ancora attecchito in molti paesi, tra cui il nostro, non riuscendo a conquistare l’interesse di una società notevolmente vecchia e chiusa. L’educazione intesa come apertura mentale è il primo passo per far sì che il black humor - e non solo - possa essere accettato dal grande pubblico e anche dal nostro paese. Personalmente confido nelle nuove generazioni, dato che la globalizzazione sì, ci ha reso individualisti e squisitamente cinici, ma al tempo stesso ha sicuramente portato all’occidente molta più uguaglianza e integrazione per la diversità rispetto ai tempi dei nostri nonni. Vedendo quindi l’impatto di quest’anno drammatico sugli anziani causata dalla precaria situazione attuale, direi che nutro ancora più speranze a riguardo. Se si vuole approfondire questo genere peculiare ormai le piattaforme come Netflix hanno portato anche a noi molteplici spettacoli, quelli adatti per fare figuroni alle cene di famiglia con i parenti.


Ecco alcuni video molto provocatori, perfetti per neofiti: Bill Burr, Motivi per picchiare una donna


Autore: Alessandro Mastrosanti (Mastro)

Studia Scienze internazionali. Appassionato di storia, politica internazionale e cinema, è co-fondatore dell’associazione culturale I giovani di Portaluppi. Cresciuto a film di Woody Allen, punk-rock e passione per l’impero romano, è una figura con tratti di cinismo alternati a megalomania, dallo stile di vita (e di scrittura) pieno di irriverenza, sarcasmo e pessimismo. Vive a Casirate d’Adda (BG) e spera di non morirci.



 
 
 

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