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Una politica… da Dio




L’ascesa di Augusto e la sua propaganda, declinata in tre ambiti d’impatto quotidiano



Augusto è il primo imperatore di Roma, il primo che ha reso davvero Roma un impero.

Dopo la morte di Cesare nel 44 a.C., fu la sua abilità strategica nelle azioni, anche militari, e nei rapporti diplomatici a farlo entrare nella scena politica romana. La giovane età è forse degna di nota per noi, ma stiamo parlando di un’epoca in cui un adolescente era un uomo: cosa distinse allora Augusto dagli altri? Cosa lo rese unico? Risposta: rimanere sulla vetta dopo averla raggiunta. Egli riuscì a coniugare la competenza alla scaltrezza, prendendo le redini di un impero ormai tale nel territorio, ma non nell’organizzazione. Cesare aveva infatti aumentato i possedimenti romani e per primo aveva tentato di accentrare su se stesso i poteri politici, ma, alla sua morte, aveva inevitabilmente lasciato un vuoto mai visto nella città eterna. Augusto seppe approfittare sapientemente di questo momento di crisi, risultando la salvezza dello Stato. La repubblica era una stoffa sfibrata ed egli si mise in prima persona a tenerne i fili: all’apparenza un intreccio perfetto, ma ormai non più integro. Augusto si rese quindi indispensabile. A conferma di tale assunto, nel 27 a.C. egli restituì al popolo e al senato tutti i poteri, ma quest’ultimo gli chiese di aiutarlo nel governo. Una circostanza senza precedenti: un organo statale che si prostra di fronte a un uomo, che si umilia perché non è più in grado di mantenere quell’egemonia politica, vecchia quanto Roma.

Cesare aveva dunque aperto la strada verso una riforma istituzionale, ma Augusto seppe essere più furbo: laddove il primo era entrato a gamba tesa, con l’idea o agendo come volendo scardinare la repubblica, il secondo ne divenne lo strenuo difensore, per poi sorprendere tutti alle spalle. Egli piegò piano piano le istituzioni statali, concentrando tutte le magistrature nel palmo della mano. Bastò quell’unica richiesta di aiuto, quel piccolo riconoscimento….una scintilla che ridusse la repubblica in fiamme.


Augusto governò per una quarantina d’anni, fino alla morte; una carriera che deve la sua longevità non solo all’abile trama politica intessuta dall’imperatore, ma anche a un programma propagandistico che tocca ogni aspetto della vita quotidiana. Come una pubblicità sempre in onda, esso lo rese amato dal popolo. La sua fama divenne così grande che venne preso ad esempio nei secoli successivi e ancora oggi ne abbiamo una nobile immagine.

Per capire la portata del suo intervento, esaminiamo tre ambiti differenti: architettura, numismatica e letteratura.


Architettura


Oltre al riallestimento generale dei territori romani, l’imperatore si dedicò anche alla fondazione di nuove città e alla strutturazione (o ristrutturazione) urbanistica. Quest’ultima ha consentito una maggior organizzazione dei possedimenti e dei centri abitati, oltre a una più rapida romanizzazione (ossia omologazione al modello romano).

Arles è una città nella Gallia Narbonense (odierna Francia meridionale), una provincia conquistata durante la repubblica e riorganizzata da Augusto. L’impianto urbano è stato riorganizzato e sono stati costruiti i tipici edifici romani, tra cui il teatro. Esso era un luogo di incontro, di riunioni, spettacoli e cerimonie: era uno dei nuclei pulsanti della comunità ed aveva un potenziale di esposizione e comunicazione enorme. Dotare un centro di un teatro voleva dire renderlo una vera città romana e migliorarne la vita sociale. Era una forma di prestigio, impreziosita ancora di più dall’uso di marmi colorati, provenienti dagli angoli più disparati dell’impero, come nel nostro caso.

Un edificio insomma già emblematico, ma Augusto si è spinto oltre, realizzando una decorazione architettonica ad hoc. Essa si suddivide in due: una parte dedicata ad Apollo, una a Dioniso. Essi sono le divinità consacrate al teatro, rappresentano rispettivamente la sfera razionale e irrazionale dell’uomo. Concentriamoci sui riferimenti di Apollo, il nume tutelare dell’imperatore e, secondo alcune versioni leggendarie, anche suo padre.


Nell’orchestra è posto l’altare dei cigni, su cui vi sono raffigurati gli omonimi animali con ghirlande di alloro e palme. Si pensa che questi elementi alludano ad Apollo Delio: i cigni sono a lui sacri, come l’alloro, mentre sotto una palma vi è nato il dio. Un altro altare, presso la scena, reca invece Apollo Delfico, con il caratteristico tripode e l’alloro; altri due presentano una corona civica di quercia, una onorificenza per pochi valorosi (tra cui Augusto ovviamente).




Degni di nota sono anche tre statue: due raffigurano Afrodite, una si pensa addirittura Augusto stesso! La dea era considerata la progenitrice degli Iulii, la famiglia di Cesare; quando quest’ultimo ha adottato per testamento l’imperatore, la parentela si è associata a lui. Insomma ogni elemento inciso e scolpito rimanda ad Augusto, alla sua famiglia, alle sue qualità: un manifesto imperituro di gloria.



Numismatica


Le monete sono tra gli elementi più diffusi e comuni in tutto il mondo, oggetti che qualunque persona usa e scambia più volte quotidianamente. Ogni emissione viene prodotta in quantità tale da circolare nell’impero intero e ovviamente i soldi si collegano a commercio ed economia, ambiti vitali per uno stato. All’epoca dell’ascesa di Augusto, in linea con la grande riorganizzazione da lui attuata, l’imperatore emanò una riforma monetaria, in modo da regolamentare la produzione, i tipi e i pesi delle monete. Ciò portò ricchezza e benessere.


Viene naturale capire perché Augusto abbia voluto condizionare anche questo enorme canale di comunicazione. Prendiamo due esemplari, emblematici dell’evoluzione dell’esaltazione imperiale. Su un denario d’argento viene raffigurato: la testa di Augusto al diritto, il sidus iulium al rovescio; sopra vi sono scritte le parole CAESAR AUGUSTUS DIVUS IULIUS. Nel mondo romano, l’imperatore fu il secondo (dopo Cesare) uomo vivente ad essere impersonato sulle monete. Questo onore spettava solo a dei ed eroi: entità in qualche modo superiori agli essere umani. Ad aumentare l’alone di soprannaturale, la moneta reca il simbolo di una stella, il sidus iulium: esso rappresenta il catasterismo di Cesare, ossia la sua apoteosi e trasformazione in astro. Dopo la morte del grande dittatore, una cometa apparve in cielo per sette giorni e Augusto sfruttò l’evento per divinizzare suo padre adottivo. In poche parole si è riservato una parentela diretta con un dio, divenendo di rimando divino anch’egli. Questo però è solo un eco indiretto, non una vera dichiarazione; di sicuro all’imperatore si deve riconoscere la pazienza, come un leone che attende nell’erba alta il momento perfetto per attaccare la preda…e i tempi maturarono.


Lo vediamo nel successivo aureo recante la testa di Augusto al diritto, sempre giovane come gli dei, e il capricorno con una cornucopia (simbolo di abbondanza) sul rovescio; inciso vi è una sola parola: AUGUSTUS. La centralità della sua figura ormai è palesata, il suo nome riecheggia al pari di sovrani orientali e divinità. La comparsa del segno zodiacale è particolarmente interessante: Augusto è nato il 23 Settembre 63 a.C., quindi è della Bilancia. Perché il Capricorno allora? Si è calcolato che quel giorno la Luna e la Pars Fortunae erano nel Capricorno. Il primo astro sovrintende le nascite (la sua e del principato), mentre il secondo corrisponde alla fortuna. L’imperatore decise volontariamente di evidenziare tali caratteristiche, tramite un segno di abbondanza e prosperità. In base alla data di nascita, quella del concepimento dev’essere circa il 23 Dicembre 64 a.C.: si è riscontrato che vi fosse una congiunzione con il Capricorno; è il giorno dei Saturnalia, la festa che celebra il solstizio d’inverno, il nuovo ciclo solare, il nuovo anno. Dalla morte alla vita, dalla repubblica all’impero. Per concludere, le fonti narrano che il 23 Luglio 44 a.C., prima della comparsa del sidus iulium, il Capricorno brillò per un’ora: un’anticipazione con cui Augusto arriverà a oscurare tutti, anche Cesare.


Letteratura


I libri all’epoca erano più di quello che significano oggi: erano un privilegio per ricchi e nobili, un diletto, una fonte di conoscenza e di informazione. Le opere letterarie valevano da manuali, da riviste, da giornali! Controllare una fonte di comunicazione così voleva dire scrivere la storia, in quel momento come adesso. Augusto non si è certo fatto scappare l’occasione, condizionando gli autori dell’epoca e redigendo la sua versione dei fatti. Nel libro Res gestae divi Augusti, l’imperatore riporta le sue memorie, come un testamento politico…e una bella favola raccontata per giustificare ogni sua azione. Parlo di testamento proprio perché l’opera fu più un lascito per i posteri: si pensa venne pubblicata tra il 27 a.C. e il 14 d.C. Ad esso coevo vi è anche un altro componimento famosissimo: le Eneide. La commissione del libro fu affidata a Virgilio da Augusto stesso, con un intento più sottile della semplice esaltazione personale. Si tratta della narrazione della nascita di Roma: Enea, reduce dalla guerra di Troia, scappa e, dopo tante vicissitudini, approda in Italia e fonda la capitale imperiale. Questa è una versione della storia conosciuta, volta a nobilitare una stirpe come ogni fondazione antica che si rispetti: è un’invenzione, finora molto comune. La peculiarità dell’azione di Augusto è stata paragonarsi a Enea: l’eroe che riesce a portare la patria fuori dai conflitti, siano essi civili o contro l’odiata Cartagine, unendo tutto il popolo. Ancora una volta l’imperatore si spaccia per eroe mitico, per dio; i suoi nemici sono i nemici dello Stato, gli stranieri ostili. In questo modo il lettore non poteva fare a meno di patteggiare per il protagonista, della storia e della Storia. Le azioni fatte da Augusto vengono rilette in chiave legittima, in quanto egli ha difeso la patria.


Con questi pochi esempi si può notare quanto cultura, servizi e mezzi di informazione possano condizionare il popolo. L’aspetto interessante non sta tanto nell’imbonirsi la folla di per sé, quanto la raffinatezza d’intrigo. Ogni politico, anche attuale, è in grado di regalare contentini all’occorrenza (cosa sistematicamente attuata), ma non si può dire che il carisma e l’eleganza di Augusto siano tratti comuni. Bisogna esser dotati. Vorrei però porre l’accento su un altro aspetto, su cui magari non ci si concentra spesso: l’imperatore romano meritava la fama conquistata perché è stato un buon governante. Nella sua vita ovviamente commise delitti, intrattenne guerre e alleanze: fece qualunque cosa possibile per raggiungere la cima…ma ogni politico all’epoca compiva gli stessi atti (e anche qualcuno ai nostri tempi). Degne di nota sono le azioni da lui compiute una volta arrivato in vetta. Le sue riforme hanno dato fondamenta solide all’impero e rimasero valide per secoli! Fu un periodo talmente ricco di pace, benessere e buona gestione dello stato che fu coniata l’espressione pax augustea. Migliorò sensibilmente la qualità della vita, diede ordine al caos. Augusto fu il primo imperatore di Roma perché seppe capire i tempi e i bisogni delle persone: si seppe imporre e lo fece meritatamente. È la forma più sublime di colpo di stato, la forma che quasi condividi.


 

Autore: Bianca Maria Calvi

 
 
 

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