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Yoga: pratica, radici, forme di vita



Yoga è un campo talmente ampio che, quando cerco di raccontare cosa sia o di scriverlo su carta, le parole diventano foglie d’autunno che volano via al passare del vento. Con tale sensazione di liquidità aerea vorrei aprire questo spazio di condivisione, parlandovi di yoga dalla mia prospettiva ed esperienza di giovane praticante in cammino, senza pretese di esaustività.


Yoga è per me innanzitutto una pratica verso la percezione incarnata (che trascende il dualismo corpo-mente) di un continuum, della coesistenza indivisa di tutti gli esseri in quanto parte dello stesso tessuto di cui è fatta la vita. Quando yoga si imprime negli strati profondi della nostra pelle qualcosa cambia, qualcosa che sfugge alla mente ma che il cuore comprende nella sua capacità di tenere assieme frammenti che sembrano separati. Nello stato yogico, a cui la pratica dà una chiave di accesso, vi è appunto la possibilità di percepire l’unione nella separazione, così come nell’arte giapponese del riparare vasi o oggetti rotti con colature d’oro, il kintsugi. Qui il nobile metallo simboleggia la luce che filtra attraverso i cocci e, così facendo, trasforma ciò che solo in apparenza è una ferita: la rottura diviene apertura, potenziale radiante. Yoga è dunque un cammino di vita che abbraccia l’impermanenza e la onora come maestra, come guida verso quella fonte di trascendenza, unione e totalità che è già presente dentro di noi.


Yoga


Yoga significa "unione": è lo stato di massima auto-realizzazione della coscienza che si fonde e si unifica con il mistero cosmico della trascendenza e del divino. Esso è anche un cammino e una praxis, ovvero una via di sperimentazione pratica fatta di ramificazioni intrecciate; come la vita stessa è fluida e cangiante, yoga è apprendimento ed esperienza. Alla base vi è una cosmovisione sfaccettata e molteplice -un multiverso, un labirinto in cui entrare e godersi il percorso- che invita a essere incorporata attraverso l’azione e la forma di vita. Non essendo una pratica univoca, ma essendo espressione antica di molte voci e visioni, sfugge a un’unica definizione ed entra in contatto piuttosto con una dimensione interna, un’essenza al tempo individuale e universale.

"Yoga chitta vritti nirodhah" -dal testo Yoga Sutra di Patanjali- “Yoga è la fine dell’identificazione con le fluttuazioni della coscienza”. L’antico testo Yoga Sutra invita a coltivare yoga come atto di costante auto-osservazione, che permette il cessare dell’identificarsi con le fluttuazioni della coscienza: si accede così a yoga, cioè stato di unificazione ed integrazione. Nelle sue radici tantriche e sciamaniche si vive infatti l’inter-essere e la coesistenza; se ne onora l’impermanenza e la ciclicità di morte e vita, in quanto parte di una stessa natura dove si complementano le polarità (luce e oscurità, yin e yang, shiva e shakti), come proiezioni danzanti della coscienza cosmica nell’esperienza sfuggente, affascinante e contraddittoria della vita. La dualità che sperimentiamo sulla terra si integra perciò in una terza via e la spiritualità diviene incarnata: yoga invita a ricordare, ovvero a far passare attraverso il cuore e a com-prendere -tener assieme- l’appartenenza al cosmo, al vuoto, alla fonte universale d’amore e coscienza.


Il mio maestro una volta disse "Yoga è un processo collettivo", intrapreso singolarmente da migliaia di anime nel loro viaggio terrestre, ciascuna apportando la propria goccia al fiume della coscienza in trasformazione. Ognuno di noi reca dentro di sé la scintilla infinita dell’energia cosmica kundalini, come potenziale frattalico di suddetta energia universale. La pratica yoga ci pone in contatto con tale forza potenziale interna e libera il cammino per lasciare che essa si esprima. L’energia kundalini viene rappresentata come un serpente che dorme alla base della colonna vertebrale, in corrispondenza di quello che nella cosmologia indiana è chiamato muladhara, primo chakra -secondo la fisiologia energetica yogica i chakra sono ruote, vortici o centri in cui si condensa l’energia. Quando questa forza si sveglia e l’umano esce dallo stato di ignoranza o inconsapevolezza, il serpente comincia la sua ascesa attraverso i chakra in un viaggio verso l’espansione e la consapevolezza. Se l’energia fluisce liberamente tramite i nostri centri energetici, siamo sulla via del risveglio e possiamo percepire la realtà oltre il velo illusionistico di maya. La nostra visione diventa ampia e chiara, la qualità della nostra presenza nel mondo cambia; vi è ancora dolore in quanto parte dell’esperienza umana, ma non più la sofferenza come attaccamento al dolore. Si apre infine la possibilità di allungare e aumentare gli attimi di samadhi (illuminazione o realizzazione e beatitudine), di favorire un buon vivere e di coltivare un buon morire.


Yoga come forme di vita e principi di cura


Nel mondo occidentale capita che la parola yoga sia associata principalmente a una pratica fisica di movimento corporeo, o per lo meno in molti casi questo è il primo riferimento che arriva spontaneamente alla mente: yoga per aumentare la flessibilità, per rilassarsi ed alleviare lo stress… Alla base della disciplina vi sono invece alcuni principi etici essenziali: come un albero non può vivere senza radici, qui vi sono gli yama e niyama. Yama sono i fondamenti che direzionano le nostre relazioni con il mondo e niyama quelli rivolti al rapporto con noi stessi. Lasciandomi ispirare dall’interpretazione del mio maestro, si tratta di elementi base per la cura di sé e dell’alterità.


YAMA


>AHIMSA: "non violenza" o "avere cura della violenza". Non significa negare la dimensione del conflitto insita nell'esperienza umana, bensì mettere in pratica un’attitudine di ascolto e di cura, abbracciando, trasformando e trascendendo il conflitto.


>SATYA: "verità interiore". È l'invito a esprimerci da un luogo di verità non dogmatica né secondo i nostri sistemi di credenza, ma al servizio del cuore.


>ASTEYA: "onestà interiore" o "non appropriazione". L’atto di non appropriarsi non è solo a livello materiale, ma anche avere cura di come impieghiamo il tempo nostro e altrui, di dove incanalare l’energia.


>APARIGRAHA: "non avidità nel possedere", che si manifesta nella capacità di lasciar andare e lasciar essere.


>BRAHMACHARYA: parola spesso tradotta come "continenza" o "moderazione", può essere invece intesa come scelta di dirigere l’energia verso qualcosa di superiore che permette l’espansione del nostro essere.


NIYAMA


>SAUCHA: "purificazione", che consiste nell’onorare con cura ogni dimensione del nostro essere. Così come una superficie ritorna radiante spazzando via la polvere depositata, allo stesso modo agisce la purificazione sul nostro corpo e sui nostri pattern mentali ed emozionali.


>SANTOSHA: "contentezza" o "serenità interna", è uno stato di felicità che non dipende dalle condizioni esterne.


>TAPAS: "fuoco interno", che attiva motivazione e determinazione e si esprime nella pratica intensa.


>SVADHYAYA: "studio di sé" tramite la pratica costante di auto-osservazione.


>ISHVARA PRANIDHANA: "abbandono al divino", all’assoluto che ci trascende, la dissoluzione mistica del sé nella totalità.


Infine, sono molteplici i regali che si disvelano in una pratica costante: non solo fisicità, asana (posture), bensì attitudine, disposizione e forma di vita. Qui ne condivido alcuni, quelli che ho colto e coltivato nel mio percorso come apprendimenti e cambiamenti di prospettiva, lasciando a ognuno di voi la meraviglia di fare le proprie scoperte e trovarne i tesori.

  • Percepire l’Unione - Vivere in un senso costantemente rinnovato di unione, in intimità e abbandono alla fonte della totalità che ci permea, attraversa e trascende.

  • Entrare nello stato di Ananda - Lasciare che il cuore ricordi il vivere in metta (amore incondizionato o benevolenza amorosa) e in ananda (gioia o beatitudine).

  • Praticare l’ Osservazione interiore - Attivare la capacità di osservare il mondo interiore [pensieri - emozioni - sensazioni - movimenti di energia] e la relazione con la realtà, in apparenza esterna, senza giudizio e senza identificazione.

  • Ricercare l’Armonia dinamica - La possibilità di armonizzare in un equilibrio omeostatico, nella consapevolezza di una realtà impermanente, in continuo movimento e cambiamento.

  • Restare in Apertura - Coltivare un’attitudine disponibile, aperta, accogliente e ricettiva al fluire cangiante dell'esistenza.

  • Favorire l’Integrazione - Mettere in pratica la capacità di integrare e includere l’esperienza della vita nelle sue polarità, contrapposte e complementari.

  • Saper Lasciar andare - Sentire al tempo l’attaccamento al mondo e agli affetti e scioglierlo da un luogo d’amore e di più ampia libertà.

  • Coltivare il Discernimento - Intensificare la capacità di discernere e scegliere la prospettiva da cui il nostro sguardo s’apre sul mondo e da cui emerge la nostra azione.

  • Intraprendere una forma d’Azione ispirata - L’azione intrapresa nel mondo è in accordo con tempo, luogo e circostanze ed è nutrita dalla coerenza interna sprigionata dal riallineamento tra viscere, cuore e mente amplia.




 

Autore: Signa Campo | BeeOm Living


Di formazione filosofa, antropologa e danzatrice, nel 2017 incontro il Hatha Raja Yoga sotto la guida del maestro Sri Andrei Ram, allievo di Sri Dharma Mittra. Mi formo inoltre in Massaggio Thailandese con il maestro Ata Baechler, in Mindfulness con l’organizzazione Respira - Breathe International e in Pulso Tantrico con Sajeeva Hurtado.


Mi dedico alle pratiche corporee, artistiche e poetiche, sviluppando una ricerca sull’ecosomatica; accompagno processi di trasformazione attraverso il coaching e la salute olistica con un approccio multidimensionale tra yoga, alimentazione viva, sessualità, gravidanza e salute mestruale.


Instagram: @beeomliving | Email: beeomyoga@gmail.com


 
 
 

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