Economia di base per profani: la green economy
- Accorciamo le distanze
- 8 dic 2021
- Tempo di lettura: 6 min

Intervista a Valerio Verderio, direttore allo sviluppo di Circularity
Da umanista ho sempre avuto una repulsione per l’economia, che ha portato a una più o meno consapevole ignoranza in materia. Tale ambito è però parte della nostra realtà e, volenti o nolenti, dobbiamo farci i conti prima o poi. Mi sono quindi decisa a capirne un po’ di più, a riempire qualche vuoto, chiedendo l’aiuto di un esperto su un argomento molto in voga. Questo articolo è per me e per tutte le persone che l’economia non possono proprio soffrirla: forza e coraggio..s’ha da fare!
La green economy
La green economy, o economia verde, è un modello teorico che ha come obiettivo la creazione di profitto economico con il minor impatto ambientale possibile. Tale nozione è relativamente nuova e fa il paio con il concetto di sostenibilità ambientale. Una connessione importante è infatti quella con il concetto di green energy, da cui sono partite le prime realizzazioni ambientalmente sostenibili degli ultimi 20 anni.
Le energie verdi non implicano l’utilizzo di combustibili fossili, ma derivano da fonti rigenerabili, come:
le biomasse, ossia ogni tipo di materiale vegetale di scarto che può essere trasformato in energia termica o elettrica;
i vettori primari energetici, cioè composti che possono veicolare l’energia da una forma a un’altra.
Le energie verdi possono anche evitare di utilizzare dei materiali generati, come quelli precedentemente elencati, ma usufruire di energie già presenti in natura, come:
il sole, da cui gli impianti fotovoltaici traggono energia elettrica o termica (generando acqua calda per un’abitazione, ad esempio);
il vento, la cui forza motrice viene sfruttata dagli impianti eolici attraverso un sistema di pale collegate a un alternatore, generando solo energia elettrica;
le energie mareomotrici, cioè quelle che sfruttano la forza cinetica del moto ondoso o delle correnti marittime; al giorno d’oggi queste fonti sono ancora poco usate;
le energie geotermiche, ossia delle anomalie geotermiche che alzano la temperatura del terreno e delle falde acquifere, la cui acqua viene estratta per sfruttarne il calore e produrre energia elettrica e termica (poi reimmessa nella terra, ormai raffreddata). Oggi tali fonti sono poco usate;
energia idroelettrica, la quale si basa sullo sfruttamento dei flussi dell’acqua; si possono creare impianti su acque libere (che passano attraverso delle turbine per incrementare la forza cinetica) o delle dighe (le quali incamerano un quantitativo considerevole di acqua, che tramite dei salti viene caricata di energia cinetica).
Agli albori della green economy ci si è concentrati sui vettori primari e sull’energia già esistente, poiché rappresenta un’enorme fonte sempre pronta ad essere riutilizzata. La soluzione più immediata è stata dunque di convertire l’energia brown, ossia prodotta da carbone, petrolio e suoi derivati.
L’Europa è stata la prima a puntare sui vettori primari, anche per compensare la poca capacità di autonomia del continente: risorse come il petrolio non provengono da qui, ma si trovano invece in abbondanza in alcune aree, come Kuwait, Iraq, Iran e, più in generale, nella regione mediorientale.
La brown energy ha, inoltre, la conseguenza dell’emissione dei gas serra - in particolare l'anidride carbonica - che hanno contribuito a innescare la catena della crisi climatica. Riuscire a non usare risorse inquinanti, nel senso sia di elementi come pulviscoli, sia di gas prodotti dalla combustione di essi, è una delle modalità per avere energia sostenibile.
L’economia circolare
Si tratta di un concetto nato successivamente rispetto a quello di green economy: si è innestato nella riflessione economica solo negli ultimi anni, anche se venne ideato nel 1987 da Braungardt, un teorico economista tedesco. L’economia circolare si basa su due sfide essenziali:
riuscire a non depredare il pianeta di risorse che non possono rigenerarsi, abbattendo quindi le componenti estrattive e distruttive dei processi di generazione di energia;
mantenere i materiali estratti il più lungo tempo possibile in vita all’interno del ciclo di produzione delle merci immesse sul mercato.
La produzione con energia verde è un prerequisito di un’economia che voglia dirsi circolare, ma essa è caratterizzata anche dall’applicazione di una serie di trasformazioni ai prodotti affinché la materia che li compone possa essere riutilizzata per altri scopi rispetto a quello originario. In una economia di natura circolare, un prodotto, come un cellulare, non viene buttato via (entrando nel nostro caso nei RAEE, ossia rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche), ma viene scomposto, trasformato e ricollocato in altri cicli di produzione.
Prendiamo nello specifico l’esempio dei capi di abbigliamento. Un produttore o un negoziante che vuole far entrare il proprio prodotto in un ciclo completo, deve recuperare il vestito una volta che è stato dismesso, ripararlo, rimetterlo in commercio in altre forme o riutilizzarne solo una parte per produrre un altro capo di vestiario o per altre destinazioni d’uso. Questo approccio, che prolunga l’esistenza di materiale nei cicli di produzione attraverso operazioni di trasformazione ed elaborazione, fa sì che non si debbano prelevare altre risorse dal pianeta per produrre altra merce. Un esempio concreto di circular economy applicata al mondo dei vestiti e della moda è il progetto internazionale Fashion Revolution.
Nella circular economy è dunque importante definire i cicli produttivi fin dall’inizio della vita di una realizzazione, sia essa un prodotto o una costruzione, attraverso una serie di valutazioni preliminari che si basano sul concetto di eco design.
L’eco design implica una produzione che, al termine del suo ciclo di vita, possa essere smontata e recuperata nella massima parte della sua realizzazione. Da tale assunto ne consegue che un prodotto debba essere formato da materiali che ne allunghino la durata il più possibile. In genere si predilige l’utilizzo di singoli pezzi di monomateriale, in modo che sia più facile la manutenzione, il recupero o la trasformazione in materie prime seconde.
Per esempio, se si progetta un vestito dividendo le fibre vegetali da quelle chimiche (il vestiario è generalmente composto da una percentuale di PEC, lo stesso materiale delle bottigliette d’acqua), è possibile recuperarle, magari creando bottiglie di plastica e capi di cotone puro.
In sintesi, l’opera viene pensata per essere economicamente e ecologicamente sostenibile.
La situazione in Italia: norme e procedure
Da un punto di vista squisitamente ambientale, esistono diverse pubblicazioni che fanno riferimento alla normativa ambientale. Quella italiana è stata redatta da Edoardo Ronchi, ex ministro dell’ambiente nella prima decade degli anni 2000.
La 152 del 2006 è il “Testo unico ambientale”, il quale chiarisce che ogni opera, anche se di interesse superiore (ossia pubblico o strategico), deve essere sottoposta a una serie di valutazioni di impatto ambientale. Queste ultime riguardano le conseguenze della realizzazione da un punto di vista urbanistico e architettonico, ma anche da uno più generale: viene valutata la quantità delle emissioni, le possibili problematiche ambientali del processo produttivo e le strategie di smaltimento.
Nel concreto, si attua la VIA (Valutazione di Impatto Ambientale), in funzione della tipologia di opera o da parte della regione o da parte dello stato. Successivamente, si sottopone il progetto alla “Conferenza dei servizi”: tutti i soggetti interessati all’opera sono messi a conoscenza di tutti gli aspetti di realizzazione e possono chiedere eccezioni o approfondimenti, al fine di rimanere entro i confini legali di impatto ambientale. Si tiene conto per esempio di: quantità di emissioni, anche sonore; impatto visivo; ricerca di un luogo produttivo che non sia in aree protette o vicino a falde acquifere, ecc.
Importante è precisare che tra i soggetti della Conferenza dei servizi compaiono: comuni e province residenti e limitrofi all’area interessata, l’ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale), i portatori dell’energia elettrica e del gas metano (come Enel e Snam), ma anche qualsiasi gruppo di cittadini che voglia partecipare.
La normativa vigente dunque da un lato stabilisce un percorso obbligatorio a cui l'imprenditore deve sottostare, dando degli obblighi ma anche educando implicitamente ad avere sensibilità ambientale; dall'altro fornisce i mezzi ad ogni persona per poter esprimersi e difendere il proprio territorio.
Complimenti! Siete arrivati alla fine del mio articolo e, si spera, qualche nozione vi è giunta nuova. Altre invece mi auguro siano già sentite e risentite: perdonate la noia che vi ho causato, ma che dire? Se si vuole iniziare un argomento, è bene partire dalle basi! Inoltre, non so voi, ma a me rincuora sempre avere già qualche conoscenza in tasca: mi da fiducia.
Questo testo è intenzionalmente semplice, per incoraggiare ognuno di voi e far capire che volendo si può imparare e capire tutto..anzi, è un buon esercizio per il cervello, sia per il proprio arricchimento personale sia per l’elasticità mentale. Non c’è nulla di cui aver paura, neanche dell’economia!
Autore: Bianca Maria Calvi
Comments